La Nuova Sardegna

Olbia

Il flop della Sardegna l’isola non piace più

di Luca Rojch
Il flop della Sardegna l’isola non piace più

Il turismo in crisi: caro traghetti, troppe seconde case e hotel obsoleti Le ricette della politica per il rilancio, meno cemento, più servizi e identità

10 febbraio 2013
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OLBIA. L’isola da vendere, tutta spiagge bianche, mare cristallino e rocce levigate, sembra avere perso la sua forza ammaliatrice. Il prodotto di mercato da piazzare ai turisti non tira più. Stroncata da portafogli vuoti, dalle rate dell’Imu, dal caro traghetti si spegne anche l’ultima fabbrica che produceva utili e non cassintegrati. Il turismo. Ma quasi nessuno si sorprende, la crisi feroce ha impoverito gli italiani e reso la Sardegna un’isola proibita. Il crash del sistema ha radici lontane. Non basta il prezzo imbizzarrito di una traversata via mare, con il gasolio che costa come champagne, per schiantare il titolo Sardegna nella borsa delle vacanze. L’isola resta ammorbata dal suo male antico. L’arretratezza. Rincorre un processo di riminizzazione, che moltiplica case e cemento. Un processo cavalcato dal Piano casa, dai furbetti del mattone che trasformano stazzi in suite, mascherano da case di campagna le ville con piscina che continuano a sorgere una accanto all’altra. Alveari vista mare. In una formula tragica turismo-mattone-più turismo. Un capitalismo cementizio che porta avanti una catastrofe antropologica. La Sardegna perde la sua identità trasformata in un brand, in un prodotto di mercato. Mare placcato cemento. Un processo di autocannibalismo in cui il turismo divora l’ambiente. La politica si risveglia mentre la terra delle vacanze già si inabissa. Nell’acqua alta delle elezioni ogni candidato agita le braccia e propone la sua ricetta per rianimare l’ultima industria rimasta accesa. E lo fa in un complicato esercizio di equilibrio tra tutela dell’ambiente e promozione del turismo. Tra difesa dell’identità e promozione dei grandi investimenti. Su tutti il miliardo di euro che il fondo del Qatar agita davanti a un’isola affamata. Certi che l’emirato della Costa Smeralda non possa attendere. Il resto dell’isola è un’eterna incompiuta. «Si deve partire dalla difesa dell'identità – dice Gian Piero Scanu, candidato alla Camera con il Pd –. Di quello che caratterizza la Sardegna. Si deve fermare il processo che snatura l’isola. Che la rende uguale a mille altri posti. Il vero valore di una terra è il suo ambiente la sua identità. Questo non è un concetto ancorato alla conservazione, ma alla valorizzazione economica. Ecco perché dobbiamo difendere gli stazzi, ecco perché non possiamo far costruire un acquapark a Liscia Ruja nel cuore più incontaminato della Costa Smeralda. Non possiamo portare avanti interventi spot, ma ripensare lo sviluppo del turismo in armonia con l’ambiente in una sorta di masterplan che recuperi quello che esiste, bonifichi ciò che è compromesso». Il turismo ha cambiato pelle, ma l’isola è rimasta ferma a 10 anni prima. La villeggiatura non esiste più. Ora le vacanze sono diventate mordi e fuggi, 4 giorni al massimo. E la Sardegna non ha saputo cogliere il cambiamento. La vacanza si sceglie sul web, a dettare legge è la convenienza del collegamento. Si va in albergo e non nelle seconde case. Come spiega il capolista Pd al Senato Silvio Lai. «Al primo punto ci deve essere una politica regionale che si avvalga dell’Europa e guardi al turismo come un sistema industriale. Si deve programmare con due anni di anticipo. È indispensabile superare l’emergenza trasporti che condiziona il presente e il futuro produttivo dell’isola. Ma c’è un altro aspetto fondamentale, direi quasi sociologico da cui si deve partire. La villeggiatura non esiste più. Non si fanno più due settimane di vacanza. Le ferie diventano sempre più brevi. Durano 3 giorni, massimo 7. Ecco che la politica delle seconde case si rivela sempre più inefficace. Inutile investire su un Piano casa che ha moltiplicato solo il cemento e le ville rimaste chiuse. Si deve puntare sugli hotel. E non basta più l’albergo con la spiaggia davanti. Lo hanno tutti, chi va in vacanza cerca la cultura, l’ambiente, l’identità. Qui entra in gioco la valorizzazione della nostra storia, del nostro patrimonio ambientale, enogastronomico». La Gallura rimane il motore del turismo nell’isola. Ma le strategie per superare la fase di affanno sono tante. «Dobbiamo ripartire dai servizi – spiega Settimo Nizzi, candidato alla Camera nel Pdl –. Anche il modello vincente della Costa Smeralda è un po’ appannato, serve un rilancio che viene dato dalle infrastrutture. Noi abbiamo sole, mare, identità. Ma servono trasporti efficienti, servizi essenziali come i campi da golf per allungare la stagione, i porti turistici, le strade. Dobbiamo puntare su grandi eventi mirati capaci di attirare vacanzieri. Dobbiamo unire la costa con l’interno. Ma per prima cosa si devono creare le infrastrutture che danno qualità anche senza avere paura di derogare a leggi rigide. Nello stesso tempo dobbiamo puntare sulla nostra identità, sulla storia. Valorizziamo l’enogastronomia, le tradizioni. Facciamole conoscere ai turisti che del mare non si accontentano più. Ma questa strategia è inutile se non si lavora su una politica dei trasporti». Nel Sulcis si sogna una nuova frontiera che parta dal recupero delle miniere, dalla riconversione di quella che sembra sempre più un’economia postindustriale. Anche se per l’ex assessore all’Ambiente e candidato nell’Udc alla Camera, Giorgio Oppi, la prima cosa da rivedere è la politica dei trasporti. «Fino a quando la situazione dei collegamenti e la continuità territoriale non saranno risolte non si può pensare di essere competitivi – dice Oppi –, o fare turismo. L’insularità deve essere il punto di partenza per le rivendicazioni che devono essere portate avanti a Roma».

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