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Il grido degli operai di Ottana davanti ai cancelli chiusi

Il grido degli operai di Ottana davanti ai cancelli chiusi

OTTANA. Un presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica fino a quando la loro vertenza non approderà al tavolo del governo con la convocazione delle parti in causa, tra le quali la Regione...

22 giugno 2017
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OTTANA. Un presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica fino a quando la loro vertenza non approderà al tavolo del governo con la convocazione delle parti in causa, tra le quali la Regione e l’azienda. Per ottenere questo obiettivo, i lavoratori di Ottana Energia e di Ottana Polimeri hanno deciso ancora una volta di fare sentire il loro grido di dolore che da tre anni continua a cadere nel vuoto. Stavolta, però, il tempo è davvero finito: o si trova una soluzione nel giro di qualche settimana o i 150 lavoratori in cassa integrazione a settembre andranno tutti a casa. «Così – fanno sapere in un comunicato che è anche un’accusa – grazie a tutti gli attori che avrebbero dovuto trovare una soluzione alle nostra vertenza, a Ottana calerà definitivamente il sipario». La fine di tutto. Quella cominciata ieri davanti ai cancelli dello stabilimento chiuso potrebbe essere l’ultima lotta per cercare di riavere il lavoro perso tre anni fa con la fermata degli impianti di Ottana Polimeri e la successiva chiusura di Ottana Energia. Lo striscione che i lavoratori hanno srotolato davanti ai cancelli, da dove un tempo entravano in fabbrica più di duemila e 500 tute blu, parla un linguaggio profetico: «Zone interne della Sardegna: senza l’industria si ritorna al Medioevo». Tutti i tentativi di fare ripartire lo stabilimento nelle due realtà produttive (chimica ed energetica), finora, sono andati a vuoto. Anche perché, finora, sono andate a vuoto le strade indicate dalla politica, costretta a fare i conti non solo con le proprie inerzie e ritardi, ma anche con l’assenteismo dell’azienda che sembra scomparsa da Ottana. L’ultimo fallimento è la mozione approvata all’unanimità un mese e mezzo fa dal consiglio regionale. «La mozione approvata il 4 maggio scorso – dicono i lavoratori – ci aveva illuso su un possibile spiraglio di salvezza. Invece siamo stati ancora una volta presi in giro e umiliati». Lo stesso primo firmatario della mozione, il consigliere regionale di Dp, Daniele Cocco, si è detto deluso. «Nonostante gli impegni assunti – ha detto ieri in Regione – i lavoratori di Ottana non hanno avuto alcun riscontro». Le parole, davanti ai cancelli chiusi, sono lamenti accorati. Le voci un grido disperato: «In questo gioco al massacro gli unici sconfitti siamo noi, lavoratori padri di famiglia con mutui da pagare, giovani costretti a emigrare per potersi rifare una vita dignitosa lontano dalla loro terra e dalla loro famiglia». Quasi una legge crudele del contrappasso: quando Ottana aprì i battenti i loro padri rientrarono dall’emigrazione, ora che li chiude i loro figli sono costretti a emigrare per trovare lavoro. Il destino dei sardi? No, solo insipienza della politica. E non solo. (f.s.)

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