La Nuova Sardegna

Nuoro

Il pm: «Ergastolo per la coppia di Lula» 

di Kety Sanna
Il pm: «Ergastolo per la coppia di Lula» 

La requisitoria: chiesto il massimo della pena per Nico Piras e Alice Flore, fratello e cognata di Angelo Maria Piras

26 maggio 2017
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NUORO. Ergastolo. La parola, pesante come un macigno, è riecheggiata ieri mattina al primo piano del palazzo di giustizia, nell’aula della Corte d’Assise dove si sta celebrando il processo per l’omicidio di Angelo Maria Piras, l’allevatore 40enne di Lula ucciso a fucilate nelle campagne del paese il 25 gennaio del 2015. Delitto del quale sono accusati il fratello Nico e la moglie di questi, Alice Flore (ieri assente), difesi dagli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi e per i quali, l’accusa ha chiesto la condanna fino a fine pena. Una ricostruzione dettagliata e minuziosa quella fatta in aula dal pm Andrea Ghironi che, durante la requisitoria, ha ripercorso le fasi del dibattimento.

La requisitoria. Una ricostruzione partita con la descrizione della vittima: «Angelo Maria Piras non era un tranquillo padre di famiglia, era stato diverse volte in prigione e non aveva avuto una vita facile – ha detto il pm – Viveva di lavori saltuari e prima ancora da bambino aveva assistito all’omicidio del padre. In tutto questo aveva cercato di avere una vita normale: si era sposato con una donna del paese e aveva avuto due figli. Nel 2014 gli era stata trovata una pistola ed era finito in prigione. Quando era uscito era tornato dalla moglie, dalla quale si era separato per un pò, era anche tornato ai suoi lavori. In quel periodo Giampietro Ballore gli aveva trovato un’occupazione: doveva sistemare per lui una ruspa. Un lavoro che Angelo Maria Piras gestiva a modo suo, in modo saltuario, non lo faceva ogni giorno. Questo fino al 25 gennaio 2015.

Il giorno dell’omicidio. La vedova, Maria Calia, di quel giorno ha raccontato che si erano svegliati alle 6 e siccome lei non stava bene, Angelo Maria prima di uscire le aveva preparato la colazione. Alle 6,50 era uscito a piedi e si era incamminato verso la campagna di Ughele. Lì aveva incontrato il suo assassino. Il medico legale Vindice Mingioni aveva descritto in aula la dinamica dicendo che la vittima era stata raggiunta prima da due fucilate esplose da distanza, da un costone sulla destra e poi era stata colpita da altri due pallettoni esplosi da vicino. L’ultimo colpo, quello mortale, al capo. A sparare era stato un solo fucile.

Il movente. A trovare l’allevatore era stato il suocero che alle 9,10 aveva dato l’allarme alla caserma dei carabinieri. In base alle prime informazioni raccolte Angelo Maria faceva vita ritirata e in paese, si sapeva che in quel periodo si era dato alla latitanza per evitare che gli venisse notificata la sorveglianza speciale. «Chi poteva volere la morte di Angelo Maria? – si è chiesto ieri Ghironi – Nella ricerca di un movente, sono emersi subito i dissidi con la famiglia d’origine, in particolare con Nico, per questioni patrimoniali. Nessuno della sua famiglia aveva preso parte ai funerali. Tra Angelo e Nico non correva buon sangue e questo era risaputo anche per via del fatto che altre persone, in paese, facevano da intermediarie per cercare di farli riappacificare. Tra fratelli volavano minacce, anche pesanti. Il giorno prima del delitto tra i due c’era stato un violento litigio: Angelo Maria, armato di fucile aveva aggredito Nico che era riuscito a disarmarlo. Nella colluttazione Nico però era stato colpito con una pietra al volto. Alla fine i due fratelli erano riusciti a parlare e a darsi appuntamento, per definire una volta per tutte le questioni, al giorno successivo».

Le cose non dette. Dell’incontro che ci sarebbe dovuto essere il 25 gennaio tra la vittima e l’imputato, era a conoscenza sia la moglie di Angelo Maria che il padre di Alice Flore (entrambi lo avevano riferito in aula ndr). Nonostante tutto Nico, venuto a conoscenza della tragedia da parte dello zio, aveva preferito non dire dell’appuntamento con il fratello, perchè secondo l’accusa, solo lui e nessun altro sapeva con certezza che quella mattina Angelo Maria sarebbe andato a Ughele. «In realtà – ha detto ieri il pm – sono tante le cose che Nico ha voluto nascondere. L’imputato ha sempre sostenuto di non essere mai uscito di casa dopo il 24 gennaio, proprio per via delle ferite riportate durante la zuffa con il fratello. In realtà non poteva sapere che la microspia aveva ripreso i suoi movimenti e le conversazioni con la moglie poche ore prima dell’omicidio».

La figura di Alice Flore. Secondo il pm era la donna che istigava il marito ad agire. «Gli suggeriva cosa dire e fare – ha detto Ghironi – . Non è improbabile che Nico, senza di lei, mai avrebbe ucciso il fratello. La personalità della donna – ha aggiunto il pm – emerge da tutte le intercettazioni. È lei che freddamente dopo ilo delitto si libera di una prova, facendo sparire le scarpe che Nico indossava al momento dell’omicidio del fratello».
 

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