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Nuoro

San Teodoro dice "No" alla violenza sulla donne

Un momento del convegno di San Teodoro
Un momento del convegno di San Teodoro

Successo della performance "Don't touch my brain" in piazza Gallura

23 aprile 2017
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SAN TEODORO. Sagome colorate distese a terra per simulare le scene di un delitto, scarpe rosse e abiti da sposa appesi alle finestre, emblema di un amore troppo spesso macchiato dal sangue. San Teodoro ha risposto con forza alla performance artistico-ambientale contro la violenza “Don’t touch my brain”, “Non toccare la mia mente”, ideata da Sebastiana Falchi Martinez, fotografa sassarese emigrata in California, e dall’artista nuorese Nietta Condemi De Felice, evento partito dagli Stati Uniti e arrivato in Sardegna, dopo aver attraversato l’Europa. Studenti, insegnanti, artisti di tutta la Gallura, il centro antiviolenza di Olbia “Prospettiva donna” e semplici cittadini si sono ritrovati in piazza Gallura per dire no alla violenza.

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Arte e gessetti colorati sono diventati strumenti di lotta collettiva contro il femminicidio e la violenza in tutte le sue forme, in una giornata sostenuta e condivisa dall’amministrazione comunale: lo stesso sindaco Domenico Mannironi ha partecipato in prima persona, lasciandosi sagomare dalle due artiste. A chiudere l’evento, un convegno. Dalle immagini alle parole. Per continuare a sensibilizzare, a riflettere e a contrastare il dilagare di una società malata di violenza. «Questo nostro intervento artistico è nato dal dolore provato per l’ennesima “sorella” trucidata, Anna Doppiu, una donna della mia terra, Sassari, bruciata viva dal marito – spiega Sebastiana Falchi Martinez – E dalla California dove vivo, ho sentito il dovere morale, come donna e come madre, di impegnarmi sul campo attivamente con le mie competenze artistiche, per stimolare un risveglio delle coscienze. Ho pensato all’abito da sposa, come simbolo universale di promesso amore e ho cercato Nietta Condemi De Felice, per la sua sensibilità artistica, con cui costruire un messaggio visibile e solidale contro la violenza di genere». Così è nato “D’ont touch my brain”.

«Attraverso il segno e il colore – aggiunge  Nietta Condemi de Felice, performer dell’arte tessile – ho voluto dare un messaggio di positività, in antitesi al gesso bianco, utilizzato dalle forze dell’ordine “post mortem”, quando tutto è compiuto, senza appello. Con le sagome interpretate artisticamente, piene di colore e di forza, abbiamo voluto trasmettere il messaggio che le cose possono cambiare, che la violenza di genere può essere sconfitta, che ci deve essere un cambiamento della cultura e delle coscienze».

Un concetto affrontato dai relatori del convegno, che hanno analizzato gli effetti della violenza sugli affetti e sulla società. L’antropologo Bachisio Bandinu ha parlato della condizione della donna nella società agropastorale, analizzando in maniera approfondita le radici della violenza. Analisi ripresa dalla psicoterapeuta Carla Concas che ha spiegato come gli stereotipi siano alla base della trasmissione della violenza. Poi, la toccante esperienza della scrittrice Giovanna Mulas, più volte candidata al Nobel per la letteratura, scampata a tre tentativi di omicidio da parte del marito.

La presidentessa del centro anti violenza “Prospettiva donna”, Patrizia Desole, ha spiegato il delicato lavoro svolto dal centro, rimarcando come solo attraverso leggi strutturali e sostenendo i centri anti violenza si può contrastare la violenza di genere. Da lei, l’invito a non semplificare, come troppo spesso avviene, un tema così complesso. Ma anche a dare la giusta importanza al linguaggio, declinando i termini al femminile: «È una questione di rispetto e dignità nei confronti delle donne». Tra gli interventi anche quello dell’avvocato Maria Grazia Corrias. Il convegno, coordinato dalla giornalista Carmina Conte, è stato intervallato dalle letture di Giovanni Carroni e Annalisa Uda, poesie di Marella Giovannelli. (t.s.)

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