La Nuova Sardegna

Nuoro

La lotta alle barriere parte con l’agricoltura sociale

di Stefania Vatieri
La lotta alle barriere parte con l’agricoltura sociale

Esperti a confronto sulle opportunità per le imprese, le comunità e il territorio Michele Ruiu (Fainas): «Siamo partiti due anni fa, i risultati sono già incoraggianti»

22 aprile 2017
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NUORO. Quando la terra è strumento di riscatto. Il ritorno nei campi parte dall’agricoltura sociale: la pratica cioè di coltivare la terra con lo scopo di far crescere prima le persone rispetto ai profitti. Un tema intorno al quale si è dibattuto ieri mattina nel corso del forum “Agricoltura sociale, un’opportunità per le imprese, le comunità e il territorio”, organizzato dalla Rete Fainas (acronimo di Fare insieme agricoltura sociale) nell’auditorium della Camera di commercio nuorese. Aziende agricole e cooperative sociali in cui disabili fisici e psichici, anziani, persone con un passato di detenzione o di tossicodipendenza apprendono pian piano a diventare autosufficienti, recuperando dignità e sicurezza, attraverso la fatica e l’impegno del lavoro nei campi, l’allevamento degli animali, la multifunzionalità delle pratiche agricole, in uno spirito di collaborazione.

Tante le storie, i volti e i progetti raccolti sotto il nome di agricoltura sociale, raccontati lungo il dibattito.

Tutti accomunati dagli stessi princìpi fondamentali che ispirano gli agricoltori sociali. Fra questi, come ha sottolineato durante l’incontro Francesca Giarè, ricercatrice Crea, Rete rurale nazionale, la promozione della sostenibilità ambientale favorendo sistemi agro-ecologici e pratiche di agricoltura biologica, lo sviluppo del welfare partecipativo, l’impegno a produrre cibo e insieme beni relazionali e a proporre un modello di coesione sociale, attraverso lo spirito di partecipazione e cooperazione fra i cittadini. «La natura accoglie tutti – ha commentato nel corso del convegno il presidente della rete nazionale Fattorie sociali, Marco di Stefano –. La parola d’ordine non è assistenzialismo ma solidarietà. Una parola che noi mettiamo in pratica attraverso la “sartoria del lavoro” dove le capacità o peculiarità di queste persone speciali vengono valorizzate attraverso il lavoro».

L’emblema del successo di questo modo di pensare alternativo si chiama Livio, e la sua storia è lo stesso Marco di Stefano che la racconta.

«Livio è un paziente psichiatrico di 40 anni ossessionato dalla precisione che qualche anno fa abbiamo accolto nella nostra fattoria sociale nel viterbese – spiega il presidente nazionale Fattorie sociali –. A lui in base alle sue inclinazioni è stato affidato il compito di inscatolare gli spinaci e accompagnare e riprendere gli ospiti della struttura». «Livio si è dimostrato un ottimo autista: mai una multa, mai un ritardo. Osservava con tale precisione i limiti di velocità imposti che spesso i passeggeri arrivavano esasperati in fattoria – sorride Marco di Stefano –. Quando Livio ha ricevuto la sua prima busta paga quasi sveniva dall’emozione, ora lui è diventato a sua volta un imprenditore sociale autonomo».

Secondo una ricerca fatta dall’università di Pisa, ogni chilo di verdura di agricoltura sociale realizza sei minuti di lavoro inclusivo, rendendo le persone da percettori di assistenza a produttori di reddito. «Il plus valore della fattoria sociale nel reinserimento di coloro che hanno ricevuto delle pene è quello di mettere in relazione le persone, lavorare per uno scopo comune e autodeterminarsi – ha spiegato la direttrice dell’ufficio esecuzione penale esterna di Nuoro, Giusi Boeddu –. Sono progetti che danno risultati e alcuni dopo queste esperienze hanno deciso di seguire la strada dell’agricoltura».

L’ultimo si questi progetti si chiama Fainas proposto dalla cooperativa Baronia Verde di Irgoli e finanziato dal dipartimento delle politiche sociali della Regione che ha visto come protagonisti dieci detenuti a lavoro nelle campagne tra Loculi e Irgoli.

«Due anni fa è nata l’idea di Fainas – ha spiegato, infine, Michele Ruiu, organizzatore del convegno e titolare della Fattoria didattica e sociale Funtan’arva, nelle campagne della Bassa Baronia, a Loculi –. I risultati sono incoraggianti e oggi siamo qui per porre l’attenzione sul tema dell’agricoltura sociale».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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