La Nuova Sardegna

Nuoro

«I rumori intercettati? Non era il fucile»

di Kety Sanna
«I rumori intercettati? Non era il fucile»

Sopralluogo dei giudici a casa di Nico Piras e Alice Flore, accusati dell’omicidio del fratello e cognato. La microspia in auto

17 marzo 2017
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INVIATO A LULA. Udienza particolare del processo per l’omicidio di Angelo Maria Piras, l’allevatore 40enne di Lula ucciso a fucilate nelle campagne del paese il 25 gennaio del 2015 e del cui delitto sono accusati il fratello Nico, 35 anni, e la moglie Alice Flore di 33. Ieri mattina la Corte d’assise si è spostata nel paese ai piedi del Montalbo, nella casa dei due imputati, in via Dettori e tra le stradine, lungo via Garibaldi nella parte dell’abitato che sovrasta via Nazionale. Quel movimento anomalo di persone “sconosciute”, ovviamente non è passato inosservato ai lulesi che hanno assistito incuriositi al passaggio delle auto che, in fila indiana, hanno attraversato il centro del paese.

La giornata primaverile ha facilitato l’attività di sopralluogo che la difesa dei due imputati, gli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi, avevano chiesto e ottenuto dal presidente Giorgio Cannas per dare la possibilità ai giudici, alla giuria popolare, al pm Andrea Ghironi, ai legali di parte civile (gli avvocati Giovanni Colli, Francesco Mossa e Paolo Canu che tutelano gli interessi della famiglia dell’ucciso), di vedere i luoghi in cui gli imputati si sono mossi qualche ora prima del delitto, ma anche verificare eventuali incongruenze con le dichiarazioni rese in aula da alcuni carabinieri che all’epoca dei fatti si erano occupati delle indagini.

L’abitazione degli imputati La casa di Nico Piras e Alice Flore si sviluppa su due piani. Si accede da un cortile-giardino, recintato da muri di cemento e reti metalliche alte quasi due metri. Attraversando un breve viale si arriva all’appartamento dove la coppia viveva nel gennaio 2015. L’ingresso è chiuso da una porta in alluminio e la casa si sviluppa su un primo piano che include sia la zona notte che la zona giorno, mentre la cucina rustica nel seminterrato, è raggiungibile scendendo una ripida scala di legno. Attaccata alla porta d’ingresso la legnaia: un ambiente ancora “grezzo” che oltre ad ospitare la provvista della legna, è tuttora dimora di un cane fonnese, per nulla mansueto, guardiano della casa.

La porta difettosa Nico Piras scortato dagli agenti di custodia ieri ha fatto rientro a casa dopo oltre un anno e mezzo di custodia cautelare in carcere. La moglie Alice, invece da due settimane è ai domiciliari a casa dei genitori a Bitti. Seguito da una scia di persone, l’imputato ha risposto alle domande del presidente della Corte e del pm che, dopo aver preso le misure dei muri davanti alla casa si sono soffermati sulla porta che, secondo la difesa, all’epoca dei fatti, aveva la serratura mezzo rotta. Nico Piras ha fatto vedere ai presenti come girando la chiave e muovendo dei passanti si sentivano dei rumori particolari.

Suoni che la mattina dell’omicidio di Angelo Maria Piras erano stati registrati dalla microspia, posizionata nell’auto dell’imputato, parcheggiata a qualche metro dall’ingresso dell’abitazione e che, per gli inquirenti, erano riconducibili al caricamento di un fucile.

Gli infissi della cucina rustica L’imputato ha fatto poi strada all’interno della casa fino alla cucina rustica. Ha aperto gli scurini di una porta finestra in ferro, però sigillata alla base.

Nel corso di un’udienza uno degli inquirenti sentiti in aula, aveva dichiarato che quella porta era aperta e quindi poteva fungere da via d’uscita sul retro della casa.

Ieri, il sopralluogo ha permesso di fare chiarezza sul punto.

Il terreno attorno all’abitazione La visita si è poi spostata all’esterno dell’alloggio, sul retro, dove è stata ispezionata la rete e le vie d’accesso: un cancello di ferro e un muro di mattoni con pezzi di vetro incastrati sulla parte alta per evitare il passaggio. Secondo l’accusa però, l’imputato la mattina del delitto sarebbe uscito a piedi per raggiungere il luogo dell’omicidio, proprio passando dal retro.

La ruspa Nel terreno, ferma da oltre 18 mesi, una delle due ruspe che Nico Piras e il fratello Angelo Maria avevano acquistato dopo aver chiesto un prestito. Ma, com’è emerso nel corso del processo, ad estinguere quel debito, era stato solo Nico lavorando ad ore. Nonostante tutto però Angelo Maria rivendicava la proprietà di uno di quei mezzi. E per l’accusa quei malumori scaturiti anche da altre spartizioni, avrebbero causato dissapori tra i due fratelli sfociando prima in violenti litigi e poi finendo con l’omicidio.

Il tragitto fino alla discarica Per l’accusa, una volta commesso il delitto Nico Piras rientra a casa e si spoglia degli abiti e delle scarpe che la moglie Alice butta poi in una casa diroccata, a pochi metri da casa. Ieri mattina la Corte ha percorso a piedi il tratto che da via Dettori porta fino a via Garibaldi. A mettere in discussione la tesi accusatoria i dati del Gps rilevati dal consulente di parte Walter Marcialis. Il punto in cui si sarebbe fermata Alice Flore la mattina del delitto per lanciare le scarpe del marito, non corrisponderebbe a quello rilevato dal perito. L’imputata, rispondendo alla domanda del presidente Cannas, ha dichiarato di non essersi mai fermata lungo la strada ma di aver proseguito fino all’edicola che si trova a circa 150-200 metri dal punto della discarica. Insomma, i dati registrati dal localizzatore Gps installato sull’auto degli imputati non coinciderebbero con quelli rilevati dal consulente. Anche su questo punto sarà battaglia.

L’udienza è stata aggiornata all’11 aprile, giorno in cui avrà inizio la discussione. Intanto l’avvocato Manconi ha chiesto alla Corte la revoca della misura cautelare in carcere per Nico Piras. Richiesta non condivisa dal pm ma ancora al vaglio dei giudici che si sono riservati.

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