La Nuova Sardegna

Nuoro

Torpè, diga a rischio incompiuta «I lavori sono fermi da tre anni»

di Sergio Secci
Torpè, diga a rischio incompiuta «I lavori sono fermi da tre anni»

Giovanni Marongiu (Cisl) lancia l’allarme dopo il braccio di ferro tra l’impresa Maltauro e il Consorzio «A distanza di tempo nessuna voce si leva per chiedere conto delle responsabilità e dei danni subiti»

02 dicembre 2016
2 MINUTI DI LETTURA





A tre anni dall’alluvione non sono ancora ripresi i lavori per il completamento della diga di Maccheronis. Un’opera che avrebbe consentito di invasare altri dieci milioni di metri cubi nel lago che sbarra il rio Posada. Nell’ottobre del 2013, un mese prima della terribile inondazione che ha fatto milioni di danni alle comunità di Posada e Torpè, l’impresa Maltauro di Vicenza (esecutrice delle opere della diga iniziati nel 2004), dopo un braccio di ferro con il Consorzio di bonifica aveva abbandonato il cantiere licenziando gli operai in carico sino a quel momento.

«I risultati ottenuti da questa decisione sono duplici – dice il sindacalista della Cisl Giovanni Marongiu, che aveva seguito tutta la vertenza – il primo vede l’opera ancora incompiuta con svariati miliardi di lire buttati al vento, il secondo quello più immediato ha visto tutte le maestranze perdere il posto di lavoro e andare a casa. Molti di questi lavoratori ancora oggi aspettano il pagamento della mobilità in deroga da parte della Regione» spiega Marongiu.

«A novembre 2013 l’alluvione che spazzò via alcuni interventi già eseguiti, portandosi dietro distruzione e morte nei due paesi a valle dell’invaso. Non ci sono parole per descrivere la vergogna con cui il territorio dell’Alta Baronia ha vissuto e per certi versi continua a vivere questo dramma». Marongiu, storico sindacalista della Cisl, ha seguito in quegli anni le varie fasi di realizzazione dell’opera, interessandosi soprattutto della tutela delle maestranze. Con amarezza ricorda le lotte e le battaglie fatte perché quell’invaso fosse completato e i lavoratori non fossero mandati a casa prima del tempo. «In quegli anni occupammo il cantiere quando arrivò voce che la Maltauro voleva andar via, cosa che poi fece senza scrupoli e con il disinteresse degli Enti che potevano contrastare questa amara decisione – spiega –. L’epilogo di quella vicenda si trasformò ben presto in dura realtà, nessuno si mosse per bloccare la fuga della Maltauro che rivendicava la mancata approvazione di una perizia. Qualche mese dopo il dramma con l’alluvione e le conseguenze che la stessa si portò dietro. La verità è che la Baronia – conclude il sindacalista – non conta nulla a livelli regionali, al di là delle responsabilità che sono in capo a chi aveva l’onere di portare a compimento l’opera trovando una soluzione per cui l’impresa continuasse ad operare. A distanza di tanto tempo noto con disappunto un apatia generale, mesi senza acqua a causa della siccità e di errori umani, aziende e agricoltori con un’annata compromessa , danni incalcolabili per svariati milioni di euro, nessuna voce si è sollevata per rivendicare un rimedio e chiedere conto per i danni subiti all’economia del territorio».

In Primo Piano
Ambiente a rischio

Avvistata una scia gialla, sulle Bocche l’incubo inquinamento

di Marco Bittau
Le nostre iniziative