La Nuova Sardegna

Nuoro

Delitto Dina Dore, la mamma di Contu: «Sono pronta al confronto»

Giovanna Cualbu
Giovanna Cualbu

Parla la madre del giovane condannato come esecutore materiale dell'omicidio: «La verità deve venire fuori né io, né mio figlio abbiamo paura di guardare in faccia chi ci ha accusato e non ha detto il vero»

26 novembre 2016
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NUORO «Sono pronta a qualunque confronto in aula, come ha chiesto oggi la difesa di Rocca, che mi richiamino e parlerò per ore, non ho paura, non ne ho mai avuto. Ma devono tirare fuori mio figlio Pierpaolo da questo inferno: il Dna non è il suo, mi dicano allora di chi è e trovino il vero killer di Dina Dore».

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È un fiume in piena, Giovanna Cualbu. Nella sua casa di Gavoi ha appena appreso che al processo d’appello nei confronti di Francesco Rocca, già condannato in primo grado come mandante dell’omicidio della moglie Dina, la difesa del dentista gavoese ieri mattina ha chiesto ai giudici di disporre un confronto in aula tra Pierpaolo Contu e il suo principale accusatore, Stefano Lai. E ha anche appreso che gli stessi difensori hanno sollecitato pure un confronto tra la stessa Giovanna Cualbu e la cugina Maria Antonella Curreli. Quest’ultima aveva raccontato che in diversi dialoghi la cugina Giovanna le aveva detto di essere preoccupata perché il figlio era coinvolto nell’omicidio di Dina. Ma Giovanna Cualbu, questa circostanza, l’aveva sempre negata con forza. «Ha mai confessato, signora Cualbu, a sua cugina Maria Antonella Curreli, che suo figlio Pierpaolo era l’autore dell’omicidio di Dina Dore?» le aveva chiesto qualche udienza fa l’avvocato Mario Lai. «Mai – aveva risposto sicura Giovanna Cualbu – mai, lo giuro».

«Non vedo l’ora di poterla guardare in faccia, mia cugina – dice oggi Giovanna Cualbu – è da tempo che chiedo un confronto, voglio guardarla in faccia, guardarla negli occhi. Non ha detto la verità, io credo che sia stata indotta a dire certe cose, ma le cose non sono andate così. Sia io, sia Pierpaolo, abbiamo sempre chiesto un confronto in aula con chi ci ha accusato, non ne abbiamo mai avuto paura, anzi. Siamo pronti al confronto».

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Gli ultimi sviluppi del processo Rocca in appello hanno dunque riacceso qualche speranza sia in Pierpaolo Contu, sia nella mamma Giovanna. E dopo la deposizione di quest’ultima e del marito Antonio Contu, quelle speranze sono persino aumentate. «Dopo che abbiamo parlato in aula a Sassari – racconta Giovanna Cualbu – in tanti ci hanno scritto, parlato, mandato messaggi di sostegno. In tanti ci hanno detto che era ora che qualcuno dicesse la verità, che c’erano state pressioni in paese per costringere alcuni ad accusare mio figlio e Rocca. In tanti ci hanno detto “avete fatto bene a parlare”».

«Dopo l’udienza – continua Giovanna Cualbu – sono andata a trovare Pierpaolo, mi ha detto “Mà, hai fatto bene a parlare: hai detto la verità”. Perché è lui, è sempre mio figlio, che nonostante la sentenza definitiva, continua sempre a sperare e a darmi la forza perché finalmente esca la verità. “O mà”, mi dice, “vedrai che presto uscirà la luce”. Lui spera, e anche io continuo a sperare. Perché so che non è stato lui a uccidere Dina, ma lo sanno anche loro, perché il Dna trovato sul nastro non è il suo. Non è di mio figlio Pierpaolo, e se non è il suo allora voglio sapere di chi è. Che lo trovino, che lo trovino loro, e tolgano fuori mio figlio da questo incubo». Pierpaolo Contu è in carcere dal 28 febbraio 2013. Nello stesso giorno era stato arrestato anche Francesco Rocca. «Mi vengono i brividi, se penso che il giorno prima dell'arresto di mio figlio, Stefano prese un caffè con lui. Era il 27 febbraio, alle 14, e Stefano e mio figlio presero un caffè insieme. Pierpaolo non sapeva che Stefano lo stava accusando dell’omicidio di Dina».

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