La Nuova Sardegna

Nuoro

I paesi fantasma dei “Giorni dell’abbandono”

di Paquito Farina
I paesi fantasma dei “Giorni dell’abbandono”

Bitti, la mostra di Diego Asproni ispirata ai centri scomparsi a causa della peste tra il 1300 e il 1500

24 maggio 2016
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BITTI. «Plasmando queste figure ho pensato al disastro antropologico che ha investito la sardegna tra il 1300 e il 1500. Nell'arco di questi due secoli quattrocento paesi, forse seicento o anche più scomparirono»". Diego Asproni, affermato pittore bittese, presenta così la sua mostra "Sas dies de su disterru - I giorni dell'abbandono", dipinti e sculture che per due giorni, sabato 4 e domenica 5 giugno, saranno esposti presso le chiese di Babbu Mannu e Santa Maria, che insieme a quelle di Sant'Istevene, Santa Luchia e Santu Jorgeddu facevano parte dell'antico villaggio di Dure, abbandonato in seguito all'epidemia di peste intorno al 1450. «Fit unu tempus de pesta e de prepotentzia; la peste e la prepotenza non finivano mai, anche la guerra continuava, con le tasse da pagare. I paesi venivano abbandonati; la gente si metteva in viaggio, con il sole e con la pioggia, dormiva all'aperto, senza riparo». Nella poetica di questi versi è racchiuso l'anelito che ha ispirato l'artista bittese, che ha realizzato i suoi lavori guardando i popoli in cammino, osservando i nostri paesi, sempre più spopolati e abbandonati. Sembrano villaggi del passato, ma sono i paesi di oggi, sardi, curdi, africani. Usando tecniche diverse, pittura, scultura e disegno, Asproni ci racconta storie di uomini e donne in cammino, figure immortalate nei movimenti della quotidianità: andare, riposare, allattare i piccoli. «Dipingendo ho vestito le mie figure con stoffe di cinquecento anni fa – scrive Diego Asproni nella brochure della mostra – sembrano uomini del passato ma raccontano il nostro tempo. Io ascolto i loro passi, li guardo mentre dormono, dipingo la speranza e il soffio della libertà, gli sguardi vivi, la gioia, il pianto, la paura».

Con "Sas dies de su disterru" Asproni, nonostante nella poetica della mostra utilizzi verbi al passato, ci invita a riflettere su un aspetto della vita di oggi, spettatori di un'epocale flusso di migrazione di massa, dimentichi che nostro malgrado, in maniera più lenta ma altrettanto grave, lo viviamo e subiamo in prima persona nei nostri paesi. «Le figure dipinte vengono da questi luoghi – dice Asproni – parlano lingue diverse ma indossano gli stessi vestiti, e la stessa luce brilla nei loro sguardi: libertà e pace».

Inaugurazione sabato 4 giugno alle ore 16,30.

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