La Nuova Sardegna

Nuoro

Delitto Sella, in aula una cartuccia trovata vicino al cadavere

di Valeria Gianoglio

Riemerge il corpo di reato scoperto sul luogo dell’assassinio Disposta anche la trascrizione di un’intercettazione-chiave

12 dicembre 2015
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NUORO. Chiara, semitrasparente, marca Fiocchi, come tante altre utilizzate con i fucili calibro 12. Potrebbe arrivare da questa cartuccia, riemersa ieri mattina in tribunale dall’ufficio corpi di reato e spacchettata nell’aula gup, la svolta nel processo con il rito abbreviato per l’omicidio del giovane di Mamoiada, Danilo Sella, ucciso il 18 settembre del 2008 nelle campagne del paese.

Una cartuccia come tante altre, dunque, se non fosse che qualche mese dopo il delitto, di fronte ai carabinieri che lo sentivano come testimone prezioso e gli mostravano la fotografia di quel reperto trovato sul luogo dell’omicidio a un metro dal cadavere, il fratello di Danilo, Albino Sella, avesse pronunciato una frase non da poco: «Sì – aveva affermato, in sostanza – riconosco quella cartuccia. È una di quelle che avevo prestato qualche tempo fa a Marcello Gungui».

I carabinieri avevano drizzato le antenne: il nome di Gungui, del resto, era uno di quelli finiti nella lista delle persone sentite subito dopo la morte di Danilo Sella. Gungui, che è l’attuale imputato del delitto, era uno dei migliori amici del giovane mamoiadino. Le parole di Albino Sella, poi, erano state confermate anche da un altro mamoiadino che aveva assistito alla cessione di cartucce tra Albino e Marcello Gungui.

Per la pubblica accusa, rappresentata dal pm Andrea Vacca, e per la parte civile, rappresentata dagli avvocati Francesco Lai e Sebastian Cocco, si tratta di un indizio che pesa come un macigno nel contesto della posizione processuale di Gungui: ci sono due persone che testimoniano come Gungui, da un mesetto prima della morte di Danilo, avesse a disposizione alcune cartucce di marca Fiocchi, identiche a una di quelle che poi venne trovata a un metro dal cadavere di Danilo Sella.

Ma al di là della tesi di una parte, che l’elemento ricopra una certa rilevanza, lo conferma soprattutto il fatto che lo stesso gup Claudio Cozzella, alla scorsa udienza avesse deciso di far ricomparire quel reperto in aula, prima di passare la parola alle parti per le repliche e ai difensori Gianluigi Mastio, Basilio Brodu e Pasquale Ramazzotti, e poi ritirarsi in camera di consiglio per emettere la sentenza. E sempre nell’udienza di ieri, oltre alla questione della cartuccia, il giudice ha anche affidato a un perito, Francesco Pinna, il compito di trascrivere una intercettazione ritenuta evidentemente di rilievo. Si tratta di un breve scambio di battute al telefono tra Marcello Gungui e l’amico, e attuale imputato per favoreggiamento, Antonio Deiana, difeso dall’avvocato Pasquale Ramazzotti. Era la mattina del giorno del funerale di Danilo Sella, e Gungui chiede a Deiana di tornare da Nuoro perché aveva bisogno di lui per sbrigare una certa faccenda a Mamoiada.

E qui, le versioni delle parti in causa, divergono: secondo la parte civile, e il brogliaccio dei carabinieri, Marcello Gungui aveva detto a Deiana “Ca imbolamos tottu”, riferendosi all’intenzione di nascondere qualcosa, forse l’arma del delitto. Ma quell’ultima frase, invece, non risulta in altri atti. Al perito appena nominato dal giudice, dunque, il compito di scoprire il contenuto effettivo dell’intercettazione.

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