La Nuova Sardegna

Nuoro

Franco Pittalis di Dorgali è uno dei “re” del Parmigiano Reggiano

di Nino Muggianu
Franco Pittalis
Franco Pittalis

E' il responsabile di una delle maggiori aziende di produzione di formaggio a Parma. Partito nel 1982, all’età di 17 anni, ha fatto carriera nel comparto agroalimentare

29 novembre 2015
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DORGALI. C’è anche un po’ di Dorgali, nel Parmigiano Reggiano. In una delle aziende più importanti di Parma dove si producono migliaia di quintali del formaggio più famoso al mondo, il responsabile è proprio il dorgalese Franco Pittalis, diventato grazie alla sua intraprendenza personaggio di spicco nel ristretto pianeta della produzione di Parmigiano e punto di riferimento per tanti dorgalesi nella penisola.

La sua storia in terra parmense comincia a 17 anni, ultimo nato di una famiglia di sei fratelli, nel 1982 parte per raggiungere il fratello Salvatore che aveva trovato lavoro in un’azienda agricola in provincia di Parma. In quegli anni la zona era diventata meta di numerosi dorgalesi che, prevalentemente, trovavano occupazione nel settore agricolo.

«Anch’io – racconta Franco Pittalis – mi indirizzai verso quel settore, Infatti la prima occupazione fu come operaio in un allevamento di suini. Dopo un anno arrivò la chiamata “alle armi” e partii per il servizio militare. Rientrato trovai occupazione come garzone in un caseificio che produceva Parmigiano. All’epoca il lavoro era molto pesante, la meccanizzazione era ancora lontana e tutte le operazioni venivano svolte manualmente».

Nel 1989 la svolta e Pittalis approda in quella che, ancora oggi, è l’azienda nella quale lavora. Raggiuge il fratello Salvatore che dirige la Sapar, una grande azienda agricola specializzata nell’allevamento di vacche da latte per la trasformazione in formaggio Parmigiano Reggiano.

«Nel 1992 l’azienda coltivava 200 ettari di terreno e allevava 400 capi di bestiame. Oggi il terreno è passato a 300 ettari e i capi allevati sono 2200» aggiunge Pittalis. Nel 1992 il fratello Salvatore decide di tornare in Sardegna.

«Io assunsi così la direzione dell’azienda. Oggi lavorano con me 14 dipendenti, cinque dei quali sono sardi e, cosa molto bella e impensabile fino a pochi anni fa, anche tre giovani emiliani di nemmeno 25 anni di età. Il lavoro di direzione è molto impegnativo e lo si può capire bene se si entra più nel dettaglio dei numeri dell’azienda: le 900 vacche in mungitura producono circa 9.500.000 litri di latte che, trasformati in formaggio, rappresentano 19mila forme di Parmigiano.

«Devo dire – aggiunge il dorgalese – che come me sono tanti i compaesani presenti in provincia di Parma che arrivati qui per lavorare o studiare,oggi ricoprono incarichi di responsabilità nei più svariati settori economici. Comunque,successo o meno – sottolinea – quelli che sono rimasti saldi sono i legami di amicizia e convivialità. Da alcuni anni si è formato il gruppo dei Dorgalesi “comunità” che ha organizzato eventi che hanno visto la partecipazione anche di più di 10mila persone, che hanno avuto la possibilità di apprezzare la nostra cucina, il nostro folklore, l’artigianato e tutto ciò che di bello e buono la nostra cultura offre. Una citazione particolare la meritano i nostri “cuchineris” che hanno prima deliziato gli occhi di tutti con i loro giganteschi “sa urredda” (forni) per arrostire i maialini e poi allietato tutti i palati al momento di degustarne le croccanti carni».

«Devo anche dire – aggiunge orgoglioso Franco Pittalis – che in tutta questa storia c’è una persona particolare che mi supporta e, soprattutto, mi “sopporta” da anni. Questa persona si chiama Elisa ed ho avuto la fortuna di sposarla nel 1993. Dal matrimonio con lei è poi arrivato Giulio, nostro figlio, che oggi ha 21 anni e lavora anche lui nel settore agro-alimentare. Se rifarei tutto ciò che ho fatto? – conclude il personaggio – La risposta è senza ombra di dubbio “Sì”! Tanto sacrificio e impegno per il lavoro mi hanno dato tante soddisfazioni. Ciò che posso dire è che sono orgoglioso di essere un sardo trapiantato in terra emiliana ma con le radici ed il cuore ancorati rivolti alla mia terra d’origine».

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