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Nuoro, i dati di Confindustria: formaggi, vini e dolci volano all'estero

Luciano Piras
Prodotti tipici locali
Prodotti tipici locali

Arrivano segnali positivi dal settore dell'agroindustria, l'export delle aziende del Nuorese e dell'Ogliastra è in crescita

18 settembre 2015
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NUORO. Sono i formaggi e i vini, in particolare, a spingere in avanti l’ago della bilancia. Con fatturati che fanno ben sperare, anche se c’è sempre da migliorare e da lottare per riuscire a tenere banco nei mercati esteri. «L’export dell’agroindustria è in crescita» conferma Roberto Bornioli, presidente di Confindustria Sardegna centrale. «Sono le aziende agroindustriali di trasformazione che esportano, soprattutto formaggio – spiega –, salumi, vino, pane, pasta e prodotti dolciari, con un giro d’affari complessivo di 172 milioni di euro, ventidue volte in più rispetto alle esportazioni di prodotti agricoli, che valgono 8 milioni di euro». Il caseificio Foi di Macomer, per esempio, ha un fatturato di 20milioni di euro (il dato è del 2011) e detiene così il primato in provincia di Nuoro.

L’azienda del Marghine si posiziona tra le aziende di trasformazione dei prodotti locali più apprezzate a livello nazionale, con un mercato in continua espansione anche in America. Nel 2012 sono stati trasformati oltre 20 milioni di latte ovino, proveniente dagli ovili di Nuoro, Oristano e Ogliastra, come pure dal Sassarese, Anglona e Gallura. «Come risulta dai dati Istat, l’export dell’agroindustria in Sardegna – riprende Bornioli – registra fatturati in continua crescita. Negli ultimi quattro anni, le esportazioni dell’industria alimentare sarda sono passate dai 124 milioni del 2011 ai 172 milioni del 2014. Tendenza confermata anche a livello provinciale: l’anno scorso l’agroindustria nuorese ha esportato prodotti per 29 milioni di euro, con un balzo in avanti di quasi il 30 per cento rispetto al 2011».

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«L’agroindustria si conferma dunque un settore chiave dell’economia sarda e del Nuorese – sottolinea il presidente di Confindustria Sardegna centrale –, con aziende attive un po’ ovunque nel territorio». A Macomer come a Dorgali, dove i casi della Coopertativa pastori e della Cantina sociale sono altri esempi concreti di fiori all’occhiello dell’economia isolana, con un fatturato rispettivamente di 4,7 e 4,1 milioni di euro (stando sempre ai dati del 2011). Fonni e Tonara sono altri due paesi che con le loro salsicce e i loro dolci (torrone, soprattutto) riescono a spingere in avanti l’ago della bilancia commerciale. E ancora: Nuoro e Bortigali con le carni e nel settore food in genere, Irgoli con i salumi, Onifai con i latticini.

«Sono tutte imprese manifatturiere – spiega ancora Roberto Bornioli –, imprese specializzate nel selezionare e lavorare le materie prime secondo ricette e tradizioni secolari che rendono tipiche e di qualità l’agroalimentare sardo, tra cui rientrano varie produzioni a marchio Dop e Igp». Dati alla mano, fonte Istat ma anche la stessa Confindustria e l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, Bornioli assicura che «l’importanza delle imprese di trasformazione emerge dal confronto tra import ed export, sia a livello regionale sia provinciale: in Sardegna il giro d’affari delle esportazioni dell’agroalimentare, pari a 172 milioni di euro, ha superato le importazioni, che valgono 145 milioni di euro, facendo registrare un surplus in attivo di 27 milioni di euro. Stesso discorso a livello provinciale».

«Nel 2014, nel Nuorese – entra nel dettaglio – abbiamo importato prodotti alimentari per 5,3 milioni di euro, a fronte di esportazioni che valgono 29 milioni di euro, quasi il 40% di tutto l’export provinciale, generando un surplus di quasi 24 milioni di euro. In Sardegna i prodotti agricoli importati ci costano, invece, 163 milioni di euro mentre l’agricoltura esporta prodotti per 7,9 milioni di euro. In provincia di Nuoro, si importano prodotti agricoli  per 8,3 milioni mentre le esportazioni del settore valgono 900mila euro».

« Al di là della tendenza positiva e dei numeri in continua crescita – frena il presidente degli industriali nuoresi e ogliastrini –, serve comunque cautela nell’interpretare i dati perché se è vero che il fatturato dell’export del settore alimentare sardo cresce, è anche evidente quanto in termini assoluti i numeri siano ancora troppo bassi rispetto alle enormi potenzialità del comparto. Per spingere l’agroalimentare, bisogna fare di più per rafforzare la collaborazione tra settore agricolo e aziende di trasformazione. Soprattutto, occorre puntare sulle aggregazioni d’impresa – sottolinea – e sostenere le imprese che si aprono ai mercati esteri, ancora proibitivi per buona parte delle aziende sarde, spesso troppo piccole e poco capitalizzate per competere su larga scala. Il piano triennale di internazionalizzazione approvato di recente dall’assessorato all’Industria – chiude Roberto Bornioli – va nella direzione giusta, il programma va ora attuato al più presto con misure concrete».

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