La Nuova Sardegna

Nuoro

Le radici storiche della Diocesi nel cuore dell’isola

NUORO. Prima della Provincia, istituita nel 1926, anzitempo al rango di città, arrivato nel 1836, Nuoro è diventata guida della chiesa diocesana del territorio, con epicentro l’altura che accoglie la...

28 agosto 2015
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NUORO. Prima della Provincia, istituita nel 1926, anzitempo al rango di città, arrivato nel 1836, Nuoro è diventata guida della chiesa diocesana del territorio, con epicentro l’altura che accoglie la cattedrale Santa Maria della Neve. La data è quella del 1778. Con bolla di papa Pio VI fu ricostituita la diocesi di Galtellì, soppressa nel 1495, per via di un territorio vinto dalle guerre giudicali e soprattutto dalle pestilenze. Con sede questa volta sotto il monte Ortobene. Una ventina le parrocchie annesse, a iniziare dalle 15 della vecchia giurisdizione ecclesiale della Baronia bassa. Da Alghero si spostavano la stessa Nuoro, con Orune e Lollove, l’antica diocesi di Suelli cedeva Orgosolo. Dall’arcidiocesi Arborense si avvicinavano di sede Fonni e Mamoiada. Stesso spostamento solo alcuni lustri più tardi (1803) per le barbaricine Olzai, Ollolai, Gavoi e Lodine. Nuoro ottiene anche il seminario Tridentino, a oltre due secoli dal Concilio ecumenico, che ne aveva programmato la diffusione affinché diventassero luoghi «per un ortodosso insegnamento della religione». Il nuovo ruolo diede alla comunità nuorese una centralità maggiore più di quanto potesse la sua dimensione demografica (2700 abitanti circa) e la stessa creazione, pressoché contemporanea, del Consiglio di Comunità e quindi di Città, seguito all’elevazione di grado per volere del sovrano Carlo Alberto, nel ricordato 1836. È lo stesso anno della Carta reale, che chiudeva in Sardegna il tempo del regime feudale. L’investitura papale voleva essere anche l’impulso, in questo caso partito direttamente dal governo piemontese, per iniziare a scalfire i mali storici del territorio, dove ogni idea di sviluppo era negata dalla povertà economica, dalla poca o nulla osservanza delle regole, e dall’arretratezza culturale, che tutti li comprendeva e li condizionava.

Le parrocchie venivano viste come una chiave di volta, e segnatamente nella misura in cui da esse promanasse l’insegnamento della lingua italiana, che con la scuola sarà appannaggio dei chierici per buona parte dell’800. La prova qualche decennio prima. Nel 1770 il viaggio del viceré Des Hayes nelle zone interne e la possibilità di toccare di persona la pessima condizione sociale. Constatazione che faceva il paio, nella visione dei regnanti, con quella ricavata dal predecessore, il barone San Remy, nel sopralluogo fatto appena preso possesso dell’isola, dopo l’accordo di Londra del 1718, di ritrovarsi «in un paese miserabile e spopolato».

Nel lavoro di riforma, ecclesiale e civile, la richiesta dello stesso dignitario del regno sardo-piemontese di informazioni sulla realtà di Nuoro, inviata al vicario capitolare di Cagliari, Francesco Maria Corongiu. Nella risposta le notazioni sul fatto di essere la “villa” più popolosa della disciolta diocesi di Galtellì, di godere di un’aria salubre e possedere una chiesa plebanizia (officiata dal plebano, parroco titolare di una chiesa, ndc), con nome Santa Maria, per l’appunto, «che sarebbe suscettibile di erezione in cattedrale». Un via libera per Nuoro, forte delle ragioni, soprattutto ambientali e di un minimo d’infrastrutture urbane, sottolineate dal vicario cagliaritano, più che per una condizione economica granché più elevata rispetto al circondario. Era, difatti, ancora ai primi spunti quell’embrione di piccola borghesia, presente nel secolo successivo, e lo stesso movimento di intellettuali segnalato più tardi anche oltre Tirreno.

Il punto messo a segno, con la diocesi, non sarà stato tuttavia di grado ordinario, dentro un cammino di sviluppo ancora lento e faticoso. Perché si continuava a operare dentro una società dagli usi atavici, dipendente prima di tutto da regole locali, spesso non esempio di vera giustizia, soprattutto nel momento di chiudere contenziosi e violenze, come emergerà dalle inchieste parlamentari sul banditismo, successive all’Unità d’Italia. Non molto di nuovo, dunque, prima dell’avvio del secolo Ventesimo, che è anche il momento della destinazione a Nuoro della statua bronzea della redenzione, anche civile. Un altro elemento di forza in una Chiesa particolare da cui promanano le indicazioni e gli atti per la vita spirituale, che si predica sana e coerente. Già nel tempo precedente si sono potuti diffondere alcuni semi culturali, attraverso l’opera del seminario, in una terra con analfabetismo prossimo all’80% degli abitanti. (f.p.)

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