La Nuova Sardegna

Nuoro

delitto di orune

L’avvocato del minorenne attacca il leader di Penelope

L’avvocato del minorenne attacca il leader di Penelope

NUORO. «Stiamo valutando concrete possibilità di proporre azioni penali e disciplinari nei confronti dell’avvocato Piscitelli perché, in una fase così delicata delle indagini relative all’omicidio...

11 luglio 2015
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NUORO. «Stiamo valutando concrete possibilità di proporre azioni penali e disciplinari nei confronti dell’avvocato Piscitelli perché, in una fase così delicata delle indagini relative all’omicidio Monni e alla scomparsa di Stefano Masala, riteniamo ci sia stata una violazione del segreto d’indagine attraverso l’indicazione di quello che sarebbe il contenuto di atti che certamente non possono essere portati a conoscenza dell’opinione pubblica e quindi non possono essere divulgati. Nel pieno rispetto delle indagini, di chi fa le indagini e delle persone offese». Parole pesanti quelle dell’avvocato Agostinangelo Marras, difensore del minorenne indagato per l’omicidio di Gianluca Monni, 19 anni, assassinato a Orune il 7 maggio, e per la misteriosa scomparsa di Stefano Masala, 29 anni, di Nule, svanito nel nulla la sera precedente.

Il penalista sassarese ha criticato l’avvocato Gianfranco Piscitelli dell’Assiociazione Penelope Sardegna, vicino alla famiglia Masala. E Piscitelli si è affrettato a fare una precisazione: «Sin dai primi giorni, ovunque (carta stampata, media ed altro) si è parlato del fatto che Stefano conosceva l’indagato minorenne e nessuno l’ha mai negato: la sera prima di uscire, come spesso avveniva, Stefano si è sentito con gli amici o a voce o per messaggi e quindi quasi certamente anche con il minorenne. Ma questo non significa “fitto rapporto telefonico”. Ho sostenuto che ci aspettiamo lumi proprio dalle perizie, ma solo per avere chiarezza o indicazioni sui movimenti di Stefano dalle 19 quando è uscito da casa sino alle 22 quando, per certo, non ha più risposto alle chiamate dei familiari che da quel momento si sono allarmati non vedendolo rientrare. Continuando insistentemente a chiamarlo al suo numero. Il fatto che Stefano avesse promesso al padre di riportare l’auto entro le 5 della mattina successiva, non corrisponde: nel sottolineare la personalità di Stefano, ho ribadito che mai avrebbe potuto volontariamente non rientrare a casa o disporre dell’auto prestatagli dal padre, forse per una serata galante, poiché sapeva che l’indomani all’alba sarebbe servita al babbo per lavoro». Un botta e risposta che ha riaperto ferite ancora sanguinanti, che aggiungono dolore al dolore in un’inchiesta molto complicata.

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