La Nuova Sardegna

Nuoro

Maxi evasione, otto rinvii a giudizio

di Luisa Satta
Maxi evasione, otto rinvii a giudizio

Il processo per il re della movida Mario Mele (tuttora latitante) e i suoi presunti soci inizierà il 28 aprile 2015

20 dicembre 2014
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NUORO. Udienza preliminare davanti al gup del tribunale di Nuoro, Mauro Pusceddu, per la maxi evasione fiscale che ruota attorno ai locali “Pata Pata” di Agrustos e al “Buddha del mar” di San Teodoro. Otto le persone, rinviate a giudizio a vario titolo, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a commettere reati fallimentari, societari, tributari e previdenziali. Si tratta del re della movida nuorese Mario Mele (difeso dall’avvocato Azzena e la cui posizione era stata stralciata perché è tuttora latitante in Kenya) e dei suoi presunti soci in affari: Giampiero Porcheddu di Budoni, Salvatore Marras di Olbia, Ivan Deidda di San Teodoro e la moglie Dorotya Szigeti di origine ungherese, Raffaele Donadio di Budoni, Margherta Baragliu di Orune e Filippo Cambedda di Nuoro (assistiti rispettivamente dagli avvocati: Mocci e Satta; Merlini; Busia; Pala e Lai). Il processo inizierà il 28 aprile 2015 davanti al collegio competente.

Secondo l’accusa (esclusa la posizione della Szigeti), gli indagati avevano costituito un’associazione finalizzata all’evasione. Stando a quanto ricostruito nel corso dell'indagine dalla Guardia di finanza, c’era chi, all’interno del gruppo creava e gestiva, attraverso prestanome, alcune società tra loro collegate e imponeva alle stesse un modo di operare illecito. E chi, inoltre, per evitare di causare alle società un danno milionario legato a eventuali confische e sequestri da parte della Finanza, portava avanti gestioni finte che spesso approdavano in fallimenti già stabiliti delle stesse società.

«Erano fallimenti predeterminati – aveva spiegato allora il colonnello Cambedda, della Guardia di Finanza – le società venivano create appositamente per fallire. Perché in questo modo era più facile far sparire i guadagni». Sempre stando ai risultati delle indagini, questa sfilza di società create ad hoc, si erano succedute nella gestione, in particolare, di due dei locali principi della movida della bassa Gallura: il Pata Pata e il Buddha del mar. L’inchiesta della Finanza era partita dalle segnalazioni fatte da alcuni dipendenti e fornitori dei due locali che denunciavano mancati pagamenti. E proprio dalle verifiche fiscali erano emersi i presunti fallimenti pre-organizzati, un giro di prestanome nonchè 17 milioni sottratti alle casse dello Stato, perché mai inseriti nelle dichiarazioni dei redditi che Mario Mele avrebbe dovuto presentare dal 2007 al momento dell’inchiesta. La procura di Nuoro, nella persona del pubblico ministero Andrea Schirra, dopo la chiusura delle indagini aveva chiesto il rito immediato per tutti gli indagati. Richiesta però rigettata dal gip Claudio Cozzella per la mancata “prova evidente”. Secondo il giudice delle udienze preliminari mancava infatti il requisito base per poter accogliere la richiesta di giudizio immediato in qualsiasi procedimento. Lo stesso giudice aveva rilevato «la necessità di procedere all’approfondimento dei ruoli dei singoli indagati, considerato il fatto che per alcuni capi di imputazione erano stati rilevati errori matematici e di calcolo». Motivi che continuano a far ben sperare i difensori degli imputati pronti a dare battaglia.

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