Caso Maccioni, lettera alla Procura
Ollolai, la cugina dell’anziano picchiato e rapinato nella casa di via Mazzini chiede di essere sentita
OLLOLAI. «Chiedo di essere convocata per essere sentita su circostanze riguardanti fatti penalmente perseguibili di mia conoscenza». Questa la chiusura della lettera con l’oggetto “Caso Gonario Maccioni – Sigillo e chiavi” trasmessa da Margherita Satta, docente universitaria in pensione e cugina di Gonario Maccioni recentemente percosso e rapinato nella sua casa di via Mazzini, a Ollolai, al procuratore della Repubblica, presso il Tribunale di Nuoro e al comandante della stazione dei carabinieri di Ollolai. Si tratta di una lettera molto emotiva come si evince da come Margherita racconta l’evento della rapina.
«Le belve umane – scrive infatti in apertura – hanno derubato e percosso una persona tranquilla all’interno della propria abitazione, senza preoccuparsi della violazione del diritto privato, dell’incolumità dell’individuo, con l’aggravante delle percosse, nonostante i delinquenti, certamente non turisti, conoscessero i movimenti di Gonario e sapessero che la vittima, abitualmente disarmata, non avrebbe potuto reagire. Ma l’indole delinquenziale dei criminali di turno non ha esitato a infierire contro una persona inerme». Nella missiva si racconta anche del pronto intervento della magistratura e delle forze dell’ordine «con la speranza e l’auspicio che riescano a individuare e arrestare i criminali». Ma anche dello sconforto provato «nel vedere il segno materiale del sigillo apposto all’ingresso della casa del povero Gonario, impedendovi l’accesso a chiunque».
E quindi anche ai parenti più stretti quale è Margherita Satta, la cui mamma era sorella del padre di Gonario Maccioni. E parlando del sigillo la lettera diventa “intellettuale” quale è la mittente: «A questo proposito – si legge infatti nella lettera –mi sorge spontaneo il desiderio di poter apporre, insieme con voi, i sigilli nelle bocche di coloro che ordiscono trame malefiche così come sarebbe stato giusto togliere quei sigilli invisibili e illegali, che i delinquenti costruiscono intorno all’altrui proprietà, divenendo di fatto degli usurpatori tollerati dalla legge».
Il racconto prosegue partendo da quando i sigilli sono stati tolti consentendo a Gonario, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, di «entrare in possesso della chiave della casa di sua proprietà». Ma, tal proposito, Margherita sostiene: «Simbolicamente bisognerebbe trovare anche la chiave che possa aprire i cuori induriti delle belve umane e di quelle persone che continuano a rimanere insensibili di fronte a tante atrocità. Inoltre la gente chiede ad alta voce dove sia finita la chiave che apre la porta della giustizia per poter accedere liberamente nel palazzo dove la legge è uguale per tutti, ridando la fiducia alla stragrande maggioranza dei cittadini onesti che anelano a vivere nella certezza di non essere più soli e indifesi, abbandonati, cioè, dallo Stato».
Dopo l’esposizione di quanto sopra, «intrisa di dolore e preoccupazione», Margherita Satta chiede di essere convocata con «la speranza che, nell’interesse della legge e della tranquillità sociale, la richiesta venga presa in seria considerazione».