La Nuova Sardegna

Nuoro

Caso Maccioni, lettera alla Procura

di Giovanni Maria Sedda
Caso Maccioni, lettera alla Procura

Ollolai, la cugina dell’anziano picchiato e rapinato nella casa di via Mazzini chiede di essere sentita

11 novembre 2014
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OLLOLAI. «Chiedo di essere convocata per essere sentita su circostanze riguardanti fatti penalmente perseguibili di mia conoscenza». Questa la chiusura della lettera con l’oggetto “Caso Gonario Maccioni – Sigillo e chiavi” trasmessa da Margherita Satta, docente universitaria in pensione e cugina di Gonario Maccioni recentemente percosso e rapinato nella sua casa di via Mazzini, a Ollolai, al procuratore della Repubblica, presso il Tribunale di Nuoro e al comandante della stazione dei carabinieri di Ollolai. Si tratta di una lettera molto emotiva come si evince da come Margherita racconta l’evento della rapina.

«Le belve umane – scrive infatti in apertura – hanno derubato e percosso una persona tranquilla all’interno della propria abitazione, senza preoccuparsi della violazione del diritto privato, dell’incolumità dell’individuo, con l’aggravante delle percosse, nonostante i delinquenti, certamente non turisti, conoscessero i movimenti di Gonario e sapessero che la vittima, abitualmente disarmata, non avrebbe potuto reagire. Ma l’indole delinquenziale dei criminali di turno non ha esitato a infierire contro una persona inerme». Nella missiva si racconta anche del pronto intervento della magistratura e delle forze dell’ordine «con la speranza e l’auspicio che riescano a individuare e arrestare i criminali». Ma anche dello sconforto provato «nel vedere il segno materiale del sigillo apposto all’ingresso della casa del povero Gonario, impedendovi l’accesso a chiunque».

E quindi anche ai parenti più stretti quale è Margherita Satta, la cui mamma era sorella del padre di Gonario Maccioni. E parlando del sigillo la lettera diventa “intellettuale” quale è la mittente: «A questo proposito – si legge infatti nella lettera –mi sorge spontaneo il desiderio di poter apporre, insieme con voi, i sigilli nelle bocche di coloro che ordiscono trame malefiche così come sarebbe stato giusto togliere quei sigilli invisibili e illegali, che i delinquenti costruiscono intorno all’altrui proprietà, divenendo di fatto degli usurpatori tollerati dalla legge».

Il racconto prosegue partendo da quando i sigilli sono stati tolti consentendo a Gonario, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, di «entrare in possesso della chiave della casa di sua proprietà». Ma, tal proposito, Margherita sostiene: «Simbolicamente bisognerebbe trovare anche la chiave che possa aprire i cuori induriti delle belve umane e di quelle persone che continuano a rimanere insensibili di fronte a tante atrocità. Inoltre la gente chiede ad alta voce dove sia finita la chiave che apre la porta della giustizia per poter accedere liberamente nel palazzo dove la legge è uguale per tutti, ridando la fiducia alla stragrande maggioranza dei cittadini onesti che anelano a vivere nella certezza di non essere più soli e indifesi, abbandonati, cioè, dallo Stato».

Dopo l’esposizione di quanto sopra, «intrisa di dolore e preoccupazione», Margherita Satta chiede di essere convocata con «la speranza che, nell’interesse della legge e della tranquillità sociale, la richiesta venga presa in seria considerazione».

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