La Nuova Sardegna

Nuoro

Non è potabile? Parte la class action

San Teodoro, 43 tra residenti e turisti hanno citato a giudizio l’ente unico

18 ottobre 2014
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NUORO. Dal 2006 a oggi, dai loro rubinetti, non hanno visto scorrere un solo goccio di acqua potabile. Ma per gli stessi anni, l’ente unico che gestisce il servizio idrico, ha inviato nelle loro case diverse bollette piuttosto consistenti, proprio come se il servizio che aveva fornito fosse corrispondente a quanto previsto dal contratto di adesione tra utente e gestore.

Proprio come se l’acqua che distribuiva nella rete rispondesse davvero, come prevede il regolamento del servizio idrico integrato, «ai requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano». E così, in queste settimane, quarantatrè abitanti di San Teodoro, e tra loro anche alcuni turisti proprietari di seconde case nel centro gallurese, hanno deciso di far valere le loro ragioni e citare in giudizio Abbanoa per otto anni di acqua fatta pagare come se fosse potabile anche se invece non lo era affatto.

«L’ente ci ricalcoli tutte le bollette che ci ha inviato fino ad ora e le decurti almeno della metà, perché così prevedono le norme», chiedono, in sostanza, nell’atto di citazione a giudizio depositato dagli avvocati che hanno seguito la vicenda sin dall’inizio: Emilia Fois e Annamaria Musio, del foro di Nuoro. È stato un lavoro scrupoloso, quello fatto dai due legali nuoresi sul caso San Teodoro. Un lavoro fatto di studio delle norme, di caccia ai regolamenti, di confronti e analisi delle carte.

Ciò che è approdato in questi giorni al tribunale civile di Nuoro è una sorta di class action, di citazione a giudizio di Abbanoa presentata da un mucchio di abitanti di San Teodoro esasperati. Il ragionamento seguito dalle due professioniste barbaricine è il seguente. Punto primo: ogni loro assistito ha sottoscritto un contratto di adesione ad Abbanoa, che ha come finalità quella di fornire loro «acqua destinata al consumo umano» secondo precisi standard. Dev’essere acqua potabile, insomma, e destinata anche alla preparazione dei cibi, bevande, e altri usi domestici. Ma a questo punto emergono i primi problemi, le prime discrepanze: dal 2006 a oggi, infatti, attraverso diverse ordinanze il Comune di San Teodoro ha vietato l’utilizzo dell’acqua perché non potabile.

E questo, scrivono le due legali negli atti di citazione a giudizio, significa in sostanza che Abbanoa è stata «inadempiente rispetto alla propria prestazione». Perciò «non può richiedere agli odierni attori la controprestazione e cioè il pagamento del canone per la fornitura dell’acqua non potabile». Tradotto in altri termini: Abbanoa non fornisce acqua potabile, quindi non adempie al suo contratto, quindi non può chiedere agli utenti il pagamento di bollette calcolate come se offrisse acqua potabile. I quarantatrè che hanno citato a giudizio l’ente, nei loro atti fanno una precisa richiesta: chiedono ad Abbanoa di ricalcolare tutte le fatture emesse a loro carico, riducendole almeno del 50 per cento. Perché un articolo del Cip, il comitato interministeriale prezzi, prevede che nel caso di acqua non potabile, le bollette siano ridotte quantomeno di quella percentuale, rispetto alle bollette calcolate in presenza di un servizio completo.

La causa, insomma, è aperta: la prima udienza si terrà a fine gennaio davanti al giudice monocratico civile del tribunale di Nuoro. (v.g.)

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