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La scomparsa di Mannorri, la vendetta

La scomparsa di Mannorri, la vendetta

Mannorri è un giallo storico, una disgrazia di fine Settecento, un villaggio sardo scomparso, o meglio: sterminato, cancellato dalla faccia della terra. Una leggenda o una storia vera? «La vicenda...

21 settembre 2014
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Mannorri è un giallo storico, una disgrazia di fine Settecento, un villaggio sardo scomparso, o meglio: sterminato, cancellato dalla faccia della terra. Una leggenda o una storia vera?

«La vicenda di Mannorri resta in parte un mistero. Non esiste un documento ufficiale e coevo che sciolga ogni ragionevole dubbio, ma una serie di elementi e indizi fa ritenere molto probabile l’evento tramandato dalla tradizione orale, ossia una faida originata dallo scontro tra più contendenti che ambivano a sposare la più bella ragazza del villaggio. Allo stesso tempo sono emerse una serie di concause che hanno contribuito alla scomparsa del piccolo centro. Tra queste in primis la debolezza demografica del villaggio, l’incessante pressione fiscale e le mire espansionistiche dei centri confinanti».

Ma è una leggenda o una storia vera?

«Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: in base a quanto raccolto durante la ricerca, il fatto è realmente accaduto, ma probabilmente è stato poi ingigantito dalla fantasia popolare e accompagnato, appunto, da altri fattori».

Lei ha pubblicato un libro sulla questione, “Mannorri. Misteri e leggende di un villaggio scomparso” (Carlo Delfino editore, Sassari 2014). Come è nata la sua ricerca?

«La ricerca è nata perché la storia di Mannorri è particolare e interessante, non soltanto per me che sono di Urzulei, ma per chiunque ne venga a conoscenza. Basti pensare che già nella prima metà dell’Ottocento due tra i più importanti e noti intellettuali sardi, Vittorio Angius e Giovanni Spano, si sono interessati a Mannorri e hanno scritto su questa vicenda. Così hanno fatto molti altri nel secolo scorso, tra i tanti Piero Mannironi che negli anni Ottanta, proprio sulle pagine della Nuova Sardegna, ha scritto due bei pezzi, uno dei quali romanzato».

Perché tutto questo interesse alla storia di Mannorri?

«La storia di Mannorri interessa anche perché è una storia romantica; racchiude in se tanti aspetti e sentimenti tipici delle più intense vicende umane: c’è la guerra, l’amore, il tradimento, la miseria, la balentia, la speranza. In fondo, è la sintesi completa di una Sardegna arcaica. Ma per certi aspetti è anche una storia attuale, dove si ritrovano alcuni fattori che oggi potrebbero causare la scomparsa di molti paesi della nostra Nazione».

A quali fattori allude? E perché parla di Nazione?

«Mi riferisco in modo particolare ai centri dell’interno dell’isola, dove la mancanza di servizi essenziali, di collegamenti adeguati con la costa, di coesione sociale, di fiducia nelle proprie risorse materiali ed immateriali, ma anche una politica mediocre, fatta senza competenze, senza principi e idee, sta cancellando le nostre comunità. Alleco de Natzione poite fintas a cando sos sardos ana allecare in sa limba insoro e ana tènner un’istòria e una terra in ue bìvere, ana a esse una Natzione: mancari medos sardos etotu non apan galu picau cussèntzia».

Ma Mannorri può assurgere a simbolo di una Natzione?

«La Nazione sarda nonostante tutto è viva e può ancora risorgere. Mannori purtroppo è scomparso. Non mi sembra comunque un parallelo da fare, assolutamente. Quella di Mannorri è piuttosto “una piccola grande storia”, come l’ha definita recentemente Simone Loi sulle pagine dell’Unione Sarda».

Dove è possibile localizzare oggi Mannorri?

«Il villaggio di Mannorri faceva parte dell’alta Ogliastra e sorgeva a breve distanza tra Urzulei e Talana. Confinava per un lungo tratto con Orgosolo e in parte con Villanova Strisaili, Baunei e Triei. Oggi dell’antico abitato non resta che qualche esiguo rudere».

Eppure, dal suo libro, si evince che qualche mannorrese ha lasciato tracce anche a Desulo e Onanì? Come è possibile?

«Per quanto riguarda Desulo, alcuni anziani hanno raccontato che i mannorrini fossero di lontane origini desulesi. E su questo dato sembra di trovare conferme dall’analisi di alcune caratteristiche della parlata di Mannorri emerse durante la ricerca sul campo. Di Onanì ho raccolto alcune informazioni dopo la pubblicazione del libro e pare che alcuni Serra, attualmente presenti nel piccolo centro, siano originari di Mannorri».

Mannorresi o mannorrini? Qual è il nome giusto degli abitanti di Mannorri?

«Entrambe le forme possono essere giuste. L’ho rilevato dalle interviste fatte nel corso della ricerca. Sos bècios lùmenan sos de Mannorri in custas duas maneras».

Protagonisti di una fuga senza precedenti...

«La storia umana è ricca di esodi, diaspore o fughe, la fuga da Mannorri è stato un fenomeno rappresentato da pochi individui appartenuti ad un piccolo villaggio. Ciò che ha un certo rilievo è che l’episodio avviene nella seconda metà del Settecento, quando nell’isola c’erano già delle istituzioni in grado di penetrare nel territorio e di garantire un certo controllo sociale. Diciamo che nessuno sembra si sia preoccupato di salvare questo villaggio. Il sistema fiscale in primis».

Soprattutto se all’origine della vendetta sociale c’è stato uno come Giuanni Indentiu: un giovane talmente brutto chi pariat un’istria, sembrava un barbagianni...

«La maggior parte degli intervistati rappresenta Indentiu come una figura negativa, non soltanto un prepotente e violento, ma anche brutto fisicamente. Tuttavia, alcuni anziani spezzano una lancia a suo favore, sono stati i parenti della bella a rompere la promessa di matrimonio. Proprio la presenza di una doppia versione dei fatti, assieme a molti altri elementi esposti nel libro, sembrano riportare i fatti di Mannorri nell’alveo della storia, allontanandoli da quello della leggenda».

E lei, la donna amata, la Bella di Mannorri, chi era?

«Lei era semplicemente Sa Bella. Soltanto due anziane sorelle rivelano il suo cognome: Cicilloi, cognome oggi estinto, ma che è puntualmente emerso dalla ricerca negli archivi ecclesiastici. Anche su questa figura sono emersi alcuni dati interessanti e ho potuto azzardare delle ipotesi».

Ce ne dica almeno una.

«Con ampio beneficio del dubbio, Sa Bella di Mannorri era Caterina Chichilloi, nata nel 1746, figlia del benestante Francesco, e che con matrimonio segreto sposerà nel 1764 ad Urzulei il latitante di Gavoi Silvestro Melis».

Intrigante...

«Sì, alquanto intrigante, ma penso possa essere interessante anche per il lettore che cerca dati storici, antropologici e culturale di una Sardegna che non esiste più».

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