La Nuova Sardegna

Nuoro

Alluvione, due aziende sul lastrico

Alluvione, due aziende sul lastrico

Drammi a Torpè: Orazio Bitti e il suo frantoio e la Edildomus dei Doddo

26 agosto 2014
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A nove mesi dalla notte della disastrosa alluvione del 18 novembre scorso numerosi operatori economici e artigianali che hanno le loro attività nella piana, sono costretti a convivere tra disagi e stenti. C’è chi ha perso tutto e non è riuscito a riaprire l’attività come il frantoio di sabbia di Orazio Bitti, chi invece come l’azienda edile di Dino e Paolo Doddo, pur con perdite di centinaia di migliaia di euro e con grosse difficoltà ha riaperto e cerca di sopravvivere.

Chi sicuramente non ha più la forza di rialzarsi, è Orazio Bitti 78 anni titolare dell’impianto di estrazione di sabbia che opera nell’alveo del fiume Posada dal 1971.

«Abbiamo perso tutto – dice l’imprenditore – L’impianto, la cabina elettrica, sette camion, cinque ruspe e tre scavatori completamente distrutti e sommersi dal materiale trasportato a valle dalla piena». Per l’imprenditore di Torpè, l’ alluvione ha segnato la fine dell’attività. «I conteggi dei danni in base ad una perizia ammontano a 2 milioni e 200 mila euro” “chi mi risarcirà dei danni e chi mi consentirà di dare nuovamente lavoro ai tre operai dei quindici che avevo negli anni passati? ancora oggi e sono passati nove mesi da quella tragica notte, non ho avuto nessuna risposta da parte delle istituzioni “ prosegue l’imprenditore. La ditta Bitti & Pala, è un impresa conosciuta in tutta il circondario, negli anni del boom edilizio, è arrivata a contare quasi venti dipendenti e fornica sabbia di qualità a tutta la costa orientale. Poi è arrivata la crisi del mattone e Orazio Bitti ha dovuto ridimensionare gli organici.

La tecnoedil e la Edildomus della famiglia Doddo sono altre due imprese che rischiano di chiudere i battenti. Davano lavoro a otto persone sino al 18 novembre e sono praticamente ripartite da zero dopo che la piena ha spazzato via tutto il materiale contenuto nei magazzini. Solo con l’aiuto di decine di volontari, una piccola parte dell’attrezzatura è stata recuperata ma è invendibile.

«Siamo ripartiti da zero – dice Paolo Doddo – sinora gli unici aiuti arrivati sono poco più di 1600 euro che ci ha dato il Comune. I nostri danni ammontano a oltre un milione e mezzo di euro, solo per far ripartire camion e muletti, servono 150mila euro, senza rimborsi saremo costretti a chiudere e mandare tutti a casa». (s.s.)

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