La Nuova Sardegna

Nuoro

Suor Gabriella, una gloria sarda

di Mario Girau
Suor Gabriella, una gloria sarda

Il gesuita dorgalese padre Dionigi Spanu fa il ritratto della beata Sagheddu

29 luglio 2014
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NUORO. «Suor Gabriella sarà la gloria di Dorgali». Poche profezie si sono rivelate tanto esatte come quella fatta nel 1939 da madre Maria Pia Gullini, abbadessa del monastero di Grottaferrata, subito dopo la morte di suor Sagheddu. La ragione di questa “glorificazione” anticipata la superiora la rivela a suor Margherita Marras, altra monaca trappista dorgalese: «Appena fatta la sua offerta – cioè dare la vita per l’unità dei cristiani – il Signore l’ha presa in parola. Il giorno stesso si è sentita male alla spalla», iniziando una via crucis che in 14 mesi l’ha portata alla tomba. «Questa previsione – dice il gesuita dorgalese padre Dionigi Spanu, maggior biografo della religiosa trappista – si è poi avverata realmente il 25 gennaio 1983, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, quando Giovanni Paolo II ha elevato agli onori degli altari suor Maria Gabriella, iscrivendola nel catalogo dei beati», cioè nel martirologio. Quest’anno ricorre il 100° anniversario della nascita della suorina morta a soli 25 anni d’età, e che, appena tre anni e mezzo dopo il suo ingresso in convento, è diventata un tesoro spirituale della Chiesa universale e di quella regionale.

Anche di Dorgali, da 30 anni, per l’appeal cristianamente universale di suor Maria Gabriella, tra le località sarde più ricordate e citate nel mondo cattolico. I conti sono presto fatti, grazie agli studi di padre Spanu, raccolti sistematicamente nel libro “Beata Maria Gabriella Sagheddu, Testimone credibile del Vangelo di unità”, recentemente pubblicato dalla Pontificia facoltà teologica della Sardegna, nella collana “Studi e ricerche di cultura religiosa”. La memoria liturgica della beata viene celebrata nelle dieci diocesi isolane, oltre che in tutto l’ordine cistercense di stretta osservanza o trappista e in altre realtà ecclesiali che ne abbiano ottenuto l’indulto dalla Santa Sede. Quindi il 22 aprile, giorno della commemorazione religiosa, suor Gabriella è ricordata contemporaneamente in tutte le 622 parrocchie dell’isola e in tutte le chiese sarde dove si celebra una messa. Della suora e, quindi anche di Dorgali, nello stesso giorno si parla e si prega anche in 96 case del ramo maschile e nelle 70 femminili cistercensi presenti in diverse parti del mondo. “Audience” irraggiungibile per i 26 santi e 6 beati proposti alla venerazione nel calendario delle chiese locali della Sardegna. Un “carico da 11” in questa “via del successo” cattolica è rappresentato dal principale sponsor di suor Maria Gabriella: Giovanni Paolo II, veicolo d’eccezione per dare fama mondiale alla religiosa dorgalese.

«Quel Papa – dice padre Spanu – la propone come la prima donna, tra gli operatori dell’unità dei cristiani, ad essere elevata agli onori degli altari». Uno scrittore de “La Civiltà Cattolica”, il gesuita padre Giovanni Marchesi, conterraneo della beata, presentando l’enciclica papale “Ut unum sint “, scrive, tra l’altro: «La figura di una donna sarda, Maria Gabriella Sagheddu, è stata proposta all’attenzione di tutto il mondo cristiano, cattolico e non cattolico, da colui che anche i non credenti ritengono la più alta autorità morale dell’umanità. È un fatto rarissimo». «Se il nostro sguardo si allarga a considerare le pubblicazioni riguardanti la beata, possiamo toccare con mano – dice padre Dionigi Spanu – come ella sia conosciuta e venerata non solo in tutto il mondo con libri, articoli, immagini e preghiere in più di dieci lingue, comprese arabo, giapponese e indonesiano».

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