La Nuova Sardegna

Nuoro

Banchetti e questua: a San Francesco c’è aria di rivoluzione

di Antonio Bassu
Banchetti e questua: a San Francesco c’è aria di rivoluzione

Il vescovo non ha ancora nominato i nuovi priori della festa Già dal 2013 aveva annunciato di volere eliminare gli eccessi

24 aprile 2014
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NUORO. C’è aria di fronda per la gestione del santuario di San Francesco di Lula. La nomina del priore, che normalmente viene fatta dal vicario della diocesi di Nuoro, quest’anno si fa attendere. C’è, a quanto pare, un’attenzione in più da parte del vescovo che già dall’anno scorso aveva lasciato capire che per la festa di San Francesco ci voleva un deciso ritorno allo spirito religioso e più autentico.

In discussione, a quanto pare, sembra esserci anche la figura del priore che, come vuole la tradizione, sguinzaglia un certo numero di persone tra Nuoro e dintorni alla caccia di offerte per finanziare la festa. Cosa che non piace al vescovo, che pensa a una manifestazione più discreta, meno corposa, e che invece per ora è fatta per lo più di “spuntini” e incontri festaioli. Il prelato vuole, insomma, rimettere ordine nella gestione dell’evento, e vede il santuario come un luogo di ritiro e di preghiera. E tra tante ipotesi sembra che si stia facendo strada anche l’ipotesi di affidare la festa a un gruppo di suore. Sparirebbe così la pattuglia di questuanti, uomini e donne che visitano i paesi tutt’intorno al Santuario, fino alla Baronia, alle Barbagie e al Marghine Planargia, alla ricerca di offerte che il priorato utilizza per alimentare i “novenantes” ospitati nelle “cumbessias” distribuite tutt’intorno al santuario, a totale carico del priore di turno. Come da consuetudine, i collaboratori dei priori ricevono in dono dai pastori diversi capi di bestiame che poi vengono trasferiti e custoditi nel sito del santuario di San Francesco, per poi essere offerti in pasto ai pellegrini che visitano il santuario. Qui, infatti, vengono mano a mano ammazzati per sfamare le famiglie ospiti per nove giorni nei piccoli locali distribuiti intorno al santuario.

Ma sembra che questo rituale fatto di questua e cibarie, non si sposi bene con la volontà espressa dal vescovo di un ritorno alla festa più autentica e religiosa. Da qui una sorta di braccio di ferro a distanza tra le due posizioni. Tra la chiesa e chi vuole ottenere il priorato che, come vuole la storia di San Francesco, organizza ogni anno incontri con i pellegrini che il giorno della festa arrivano da tutti i paesi del comprensorio barbaricino. Ovviamente partecipano, bevendo e mangiando, ai lauti pranzi organizzati dal priore titolare dell’edizione della festa. Dunque, siamo a questo punto: c’è chi vuole contestare, chiedendo il rispetto di “su connottu”, e chi, come l’alto prelato, intende eliminare gli eccessi della festa che non hanno nulla di religioso. Facendo una festa un tantino meno spettacolare e godereccia, programmando addirittura la realizzazione di un ordine monastico serio e impegnato nella preghiera. Cosa succederà a questo punto? Le due parti sono contrapposte: chiascuno resta fermo sulle proprie posizioni. Da una parte il popolo, che rivendica il rispetto della festa, e che si schiera col volere del priore. Dall’altra la chiesa che richiama l’applicazione di regole e la gestione secondo i canoni religiosi.

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