La Nuova Sardegna

Nuoro

Alt alle macellazioni, a rischio l’allevamento ovino della Sardegna

di Tito Giuseppe Tola
Alt alle macellazioni, a rischio l’allevamento ovino della Sardegna

Preoccupazione per la proposta di legge degli animalisti Il limite dei sei mesi frena anche la commercializzazione

16 aprile 2014
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NUORO. Se la proposta di legge che vieta la macellazione e la commercializzazione a fini alimentari di animali di età inferiore a sei mesi presentata della presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, Michela Vittoria Brambilla, dovesse diventare legge, il Consorzio per la difesa dell’agnello sardo Igp non avrebbe più ragione di esistere e verrebbero vanificati i risultati acquisiti col lavoro degli ultimi quattro anni. Oltre a questo, l’intero comparto ovino andrebbe incontro a seri problemi perché non potendo macellare e commercializzare a fini alimentari animali di età inferiore a sei mesi, le aziende di allevamento si ritroverebbero con una produzione di agnelli invendibile. Grazie all’attività del Consorzio, nel 2013 i capi che hanno ottenuto il marchio Igp che ne certifica la qualità sono notevolmente aumentati superando le 500 mila unità. Nel 2010 quelli certificati erano appena 69 mila e 138 mila nel 2011. Il balzo è notevole. Il presidente del Consorzio, Salvatore Bussu, non nasconde le perplessità. «Tenuto conto che il settore agropastorale è fortemente legato alla storia e alla cultura della Sardegna – dice –, che lo stesso è rappresentato da circa 13.000 aziende che allevano quasi la metà del patrimonio ovino italiano e da diverse centinaia tra aziende di trasformazione e commercializzazione e che il settore, al quale sono legate diverse filiere di produzione, rappresenta una parte rilevante della nostra economia, riteniamo quanto meno inopportuna tale proposta. Per quanto riguarda la filiera della Igp agnello di Sardegna, che dal 2010 registra un costante aumento delle produzioni certificate con percentuali intorno al 50%, una legge simile segnerebbe una battuta d’arresto per il sistema produttivo legato al marchio e vanificherebbe gli sforzi fatti da operatori, consorzio, istituzioni e associazioni per costruire questa importante opportunità finalizzata a conferire valore aggiunto a una delle nostre produzioni più rappresentative».

Il primo risultato importante ottenuto dal Consorzio dell’agnello sardo è l’aumento esponenziale dei capi certificati che nel 2013 hanno superato il mezzo milione di capi. «Un numero che sarebbe potuto essere più alto – dice la direttrice del Consorzio, Patrizia Pitzalis, – se non ci fosse stata l’epidemia di lingua blu che nelle zone più colpite, ha fortemente indebolito le pecore causando aborti e precludendo agli agnelli di raggiungere caratteristiche e requisiti di peso e qualità necessari per ottenere il marchio Igp». Quasi tutti gli agnelli marchiati nel 2013 sono stati certificati come Igp. Questo significa che hanno raggiunto i livelli di qualità richiesti per ottenere il marchio. «È un risultato ottenuto grazie all’impegno degli operatori della filiera – dice Salvatore Bussu –, questo nonostante abiano lavorato in condizioni difficili dovute al perdurare della congiuntura economica negativa che causa un calo degli ordini, soprattutto in Italia, e all’ingresso di prodotti similari italiani ed esteri che spingono i prezzi all’ingrosso verso il basso con risvolti negativi lungo tutta la filiera. Li subiscono le aziende di allevamento e di macellazione. Al Consozio spiegano che con l’approssimarsi della Pasqua, periodo in cui si assiste a un forte aumento dei consumi di carne d’agnello, il prezzo di acquisto all’origine e quello di vendita all’ingrosso registrano un incremento di circa un euro al chilo. «Attualmente – dice Patrizia Pizalis – il prezzo all’origine si attesta tra 4,50 euro a kg e 4,80 euro a chilo, quello di vendita all’ingrosso oscilla tra 7,50 euro e 8,20 euro a chilo. Anche i prezzi di vendita al dettaglio sono aumentati e vanno da un minimo di 9 euro a kg nei negozi della Gdo ad un massimo di circa 15 euro/kg nelle macellerie e nei negozi specializzati. Ancora non si riesce a differenziare in misura netta e decisa il valore della Igp rispetto a quello della produzione non certificata». Il presidente Bussu fa notare che la presenza sul mercato di agnelli sardi certificati Igp e agnelli senza certificazione alimenta una concorrenza che danneggia sia il prodotto a marchio che quello convenzionale. A complicare le cose arriva la legge che, se fosse approvata, renderebbe invendibile l’intera produzione di agnelli.

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