La Nuova Sardegna

Nuoro

L’agricoltura del futuro punta tutto sulla qualità

di Francesco Pirisi

L’assessore regionale Falchi al convegno promosso dai Rossomori Al centro del dibattito le linee e le aspettative del Piano di sviluppo rurale

13 aprile 2014
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NUORO. Il Piano di sviluppo rurale (Prs) 2014-2020 premierà le aziende che produrranno dentro i confini della regolarità e privilegeranno la qualità. Lo ha detto ieri nella sala della Camera di commercio l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, durante il convegno promosso dal partito dei Rossomori, guidato dall’ex assessore Gesuino Muledda. Davanti alla Falchi, arrivata in Regione dopo la presidenza della Confagricoltura sarda, un uditorio affollato, con sindacalisti del ramo, pastori e coltivatori, e veterinari.

Al centro le linee e le aspettative del Psr, che dovrà essere approvato a Cagliari entro giugno, per portarlo subito dopo al tavolo Governo-Regioni. Sarà il momento in cui si conoscerà la quota di denaro per la Sardegna.

L’obiettivo minimo è di confermare il miliardo e 900 milioni del sessennio passato, «che era abbastanza ma la Regione non è riuscita a impiegarli sino in fondo», afferma Priamo Cottu, pastore di Ollolai, da anni in prima linea nelle battaglie per l’affrancazione economica del settore.

Il settore fa le sue richieste e propone le scelte, da tradurre in altrettante misure del piano. Quella di fondo di Salvatore Bussu, presidente provinciale della Cia, «affinché nella ripartizione dei fondi a Roma ci sia parità di trattamento per le diverse regioni». E poi quelle operative, «per garantire il consumatore sulla genuinità degli alimenti insieme al benessere animale».

Nel territorio, aggiunge Bussu, «questo significa che non si può consentire la nascita di una centrale a carbone e tantomeno che si continui con l’incenerimento». La liberazione degli allevamenti dalle epidemie (dalla peste suina, alla blue tongue) è l’appello che fanno in tanti. Proprio Ferranti ha appena detto, «che il sistema adottato l’anno passato ha generato ulteriore emergenza e sfiducia nell’allevatore e serve un maggior coraggio nelle scelte». Passare dall’abbattimento alla cura e alla profilassi, le due possibilità che «negli ultimi lustri hanno però visto prevalere la prima e l’idea di un azione sanitaria volta a “finire” gli animali e non a salvarli», ha commentato il veterinario Salvatore Marchi.

L’ambiente salubre è una precondizione. Marchi tira in ballo anche il malvezzo di abbandonare le carcasse degli animali nelle campagne, con crescita di focolai d’infezione, e il caso limite delle pecore a Ottana, «annerite da una nube di fumo e sulle cui cause non è stata detta una parola chiara». Le conseguenze sono anche la fuga degli addetti. Dal 2010 nell’isola si conta l’abbandono da parte di 96mila addetti, 1000 dei quali nel comparto suinicolo.

«Oggi assicura solo il 25 per cento del nostro fabbisogno di carni e salumi. Se solo si raddoppiasse darebbe posti di lavoro quanto un’altra Saras», rimarca il leader di Irs, Gavino Sale. Temi buoni per quella riforma che sembra nella mente di Elisabetta Falchi. Anche in questo caso il mondo dei campi ha tante cose da dire. Su tutte la riduzione della burocrazia e il riordino nella stessa Regione, dove non convince il ruolo di agenzie che stanno sopra lo stesso assessorato.

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