La Nuova Sardegna

Nuoro

Panificatori, l’Sos arriva in prefettura

di Antonio Bassu
Panificatori, l’Sos arriva in prefettura

Una delegazione provinciale ha incontrato Meloni «Troppi costi e abusivismo: siamo pronti a chiudere»

14 marzo 2014
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NUORO. Una delegazione di panificatori guidata dal presidente provinciale Giampietro Secchi, e composta da Caterica Fozzi di Macomer e Antonello Puddu di Villagrande, è stata ricevuta dal prefetto Giovanni Meloni, al quale è stata esposta la situazione relativa al fenomeno dell’abusivismo in provincia di Nuoro e Ogliastra, che ha assunto proporzioni preoccupanti. La situazione è divenuta paradossale nel momento in cui si sottopongono ai normali controlli gli imprenditori regolari, e si lasciano invece impuniti gli irregolari.

Il problema diventa di salute e di sicurezza dei cittadini-consumatori che acquistano prodotti senza la garanzia del controllo sanitario dei 92 negozi dei panificatori. I Comuni che non hanno forni sono Bolotana, Orotelli, Sarule, Borore, insieme ad altri centri importanti. Quelli dove si cuocevano il pane carasau, su “pistoccu” e i dolci, se prima erano 200, oggi sono ridotti a 150, con un fatturato di 220 milioni. Il “carasau” e il “pistoccu” sono, tra l’altro, una produzione delle Barbagie e dell’Ogliastra. Le materie prime usate sono farine e lieviti di produzione nazionale, fatta eccezione per il grano duro, che è isolano.

Le aziende di produzione, con maggiore presenza, sono a Nuoro, con 18 forni; Oliena con 16 e Fonni con 13. Ad Ovodda le aziende sono passate da 8 a 6, anche quando l’economia ruota intorno al settore dell’“arte bianca”, un po’ di pastorizia, esercizi commerciali e di servizio, di vario tipo. Eppure c’è poca disoccupazione: merito della produzione del pane carasau. Il presidente Giampietri Secchi ha poi sottolineato l’importanza della produzione panaria e dei dolci attraverso la protezione civile e la croce verde nelle occasioni di solidarietà, cosi come nei comuni della scorsa alluvione.

I motivi della visita al prefetto Meloni sono anche da ricercare nelle tasse e nei costi che i panificatori sono chiamati a pagare. Se, infatti, per un operaio si spendono 1300 euro, all’azienda ne costa ben 3900, senza contare le spese per il gasolio, le materie prime, le farine, l’acqua e l’affitto locali, insieme ai costi dei commercialisti, consulenti del lavoro, Camera di Commercio, Comuni, Provincia, Regione. Oltre al fatto che tutti i giorni c’è una visita di 15 ispettori dell’Inps, Inail e Nas. Con le banche che non fanno più credito. I fornai si sono detti pronti a consegnare le chiavi dei laboratori, mentre gli irregolari partecipano alle mostre di “Cortes apertas”, che organizza le mostre di pane carasau e dolci con i soldi dei regolari impegnati nella lotta contro le tasse.

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