La Nuova Sardegna

Nuoro

Dal Lesotho per scoprire l’arte dell’allevamento delle capre

di Claudia Carta
Dal Lesotho per scoprire l’arte dell’allevamento delle capre

L’ambasciatore del regno africano ha visitato alcune aziende zootecniche nelle campagne di Lanusei Un viaggio per apprendere i segreti dei pastori ma anche per conoscere le tecniche più moderne

04 marzo 2014
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LANUSEI. Sorriso cordiale e semplice. Stretta di mano forte. E negli occhi la curiosità e la voglia di conoscere. L'ambasciatore del Regno del Lesotho – piccola enclave del Sudafrica – Sempe Joseph Lejaha è arrivato a Lanusei per conoscere le realtà imprenditoriali ogliastrine. A Tucci, 730 m di altitudine sul livello del mare, a pochi chilometri dalla cittadina ogliastrina, l’aria è frizzante. Cielo terso sopra Tricoli e le sue antenne, con il mare che abbraccia l’intero orizzonte. Soprabito nero e completo gessato grigio. Il diplomatico in visita alle piccole-medie imprese del territorio appare subito positivamente colpito dall'ospitalità e dall'accoglienza della terra sarda, ma soprattutto dal conoscere da vicino i piccoli gioielli aziendali di un’Ogliastra che soffre, al pari delle altre zone dell’isola, la mancanza di lavoro e di importanti ricadute economiche. Con la visita che ha visto l’ambasciatore ospite anche del rinomato liquorificio Tarè e del panificio “L’antico forno”, entrambi a Ilbono – riprende il progetto che lega i pastori della Barbagia e dell’Ogliastra agli allevatori del lontano regno dell'Africa Australe.

A Lanusei, accompagnato dalla signora Lejaha – abito e fazzoletto arancio, ma in comode scarpette da tennis – dal console onorario del Lesotho in Sardegna, il nuorese Antonio Fancello, da Carmelo Cicalò, oltre che da un’assistente e dall'interprete, l’ambasciatore sudafricano è stato ospite dell’azienda di Filippo Mucelli, fiore all'occhiello nel settore dell’allevamento caprino. Ha preso visione dei modernissimi sistemi di automazione per la distribuzione del mangime agli animali – unica azienda in Sardegna, seconda in Italia –, toccando con mano le tipologie di foraggio impiegate. Osservato gli animali custoditi nella stalla: circa mille capi di ottima razza murciana, originaria del sud est della Spagna, tutti dotati di microchip. E sorride divertito quando gli viene data la possibilità di prendere un capretto tra le mani.

In programma anche la visita alla sala mungitura, interamente computerizzata, che raccoglie i dati e l’anagrafica di ogni capo.

L’ambasciatore ascolta e annuisce con stupore. Chiede quanti sono i litri di latte prodotti. «Oltre 400 mila – risponde Filippo Mucelli – conferiti interamente alla 3A di Arborea». Una piccola parte, inoltre, viene portata fresca ogni mattina al distributore automatico di piazza Vittorio Emanuele, al centro di Lanusei, dove raccoglie ampio consenso dall’utenza cittadina.

Sempe Joseph Lejaha ascolta tutto con attenzione e osserva questi pastori che hanno saputo fare impresa nell'ottica di un continuo miglioramento aziendale. Ed è quello che vorrebbe fare anche nella sua terra, il Lesotho, uno dei paesi meno sviluppati del mondo, con il 40% della forza lavoro impiegata nel settore agricolo, dove la coltura dominante è quella del mais.

E se l’agricoltura ha la sola funzione di sussistenza e non riesce a soddisfare il fabbisogno interno, l’allevamento, molto diffuso, è invece in buone condizioni e può contare sull'ingente presenza di bovini e ovini, che sfruttano ottimi pascoli. Eppure l’arte di allevare gli animali, ricavarne latte e formaggi non è una cosa scontata laggiù nell’Africa australe: «Parliamo di territori molto poveri – ha spiegato Carmelo Cicalò, al seguito dell’ambasciatore – dove è altissima l’incidenza dei furti di bestiame, dove sono pressoché sconosciute le tecniche di produzione casearia e agricola, dove sono rudimentali, per non dire inesistenti le operazioni stesse di mungitura».

Uno scambio di saperi, solidarietà e valide idee progettuali che può gettare basi importanti per la crescita, anche economica, dei territori più svantaggiati.

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