La Nuova Sardegna

Nuoro

Il mito di Mesina, tra evasioni e fughe d’amore

Il mito di Mesina, tra evasioni e fughe d’amore

La storia del famoso bandito, graziato dopo quarant’anni di carcere dal presidente Ciampi e nuovamente arrestato nel 2013

10 giugno 2013
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SASSARI. Una vita tormentata, quella di Graziano Mesina, fatta di periodi latitanza, lunghe detenzioni in carcere, molte evasioni, qualche fuga d’amore, e anche tanta notorietà che rischiava persino di farlo diventare una star televisiva. Dopo la grazia, sembrava che fosse diventato un uomo tranquillo, che vivesse di ricordi da raccontare ai turisti che andavano a visitarlo, e invece era tornato nel 2013, a 71 anni suonati, dietro le sbarre di una cella.

Mesina, detto «Grazianeddu», iniziò la sua «carriera» di bandito giovanissimo e giovanissimo finì in carcere. Nato il 4 aprile del 1942 ad Orgosolo, penultimo di dieci figli di Pasquale Mesina, pastore, e Caterina Pinna, fu arrestato la prima volta a 14 anni per porto abusivo d’armi. Poco dopo, fuggì compiendo la prima delle evasioni che lo resero celebre. La seconda fuga risale al maggio del 1962, quando durante un trasferimento dal penitenziario di Sassari si lanciò da un treno in corsa. La libertà durò poco: venne catturato dopo un lungo inseguimento. Nello stesso anno realizzò la terza evasione, questa volta dall’ospedale di Nuoro dove era ricoverato. Per sfuggire alla cattura rimase nascosto due giorni e due notti nel cortile dentro un grosso tubo.

La quarta evasione di «Grazianeddu» fu quella dal carcere di San Sebastiano di Sassari l'11 settembre del 1966. Mesina assieme all’ex legionario spagnolo Miguel Atienza si lasciò cadere dal muro di cinta dell’istituto di pena. Da allora rimase alla macchia fino al 20 marzo del 1968 quando venne catturato a un posto di blocco da una pattuglia della polizia stradale nei pressi di Orgosolo. Trasferito nella Penisola fece parlare ancora di sè per le sue fughe spericolate. Evase, ancora una volta, dal carcere di Lecce nel 1976 e rimase latitante per quasi un anno.

Dopo essere stato rinchiuso nel penitenziario di Porto Azzurro per scontare l’ergastolo, L’ex primula rossa del banditismo sardo decise di tenere un comportamento irreprensibile per ottenere il riesame della sua vicenda processuale. Nel 1985 di allontanò dal carcere per una «fuga d’amore» ma venne rintracciato e catturato. Le fughe e i periodi di latitanza di Graziano Mesina contribuirono a costruire il mito del bandito indomabile, un mito che crebbe anche fra le donne e si racconta che spesso si recasse ad Orgosolo per incontri con ragazze innamorate di lui.

Dopo un periodo di relativo silenzio, Graziano Mesina tornò alla ribalta nel 1992 quando rientrò in Sardegna per occuparsi del sequestro del piccolo Farouk Kassam. La vicenda suscitò polemiche in particolare sul ruolo di Mesina nella liberazione del bambino. L’anno successivo venne rinchiuso definitivamente in carcere dopo che furono ritrovate alcune armi in un cascinale di San Marzanotto d’Asti, dove «Grazianeddu» viveva. Finì di nuovo in carcere sostenendo di essere stato «incastrato» e proclamando la sua innocenza. Dopo un lungo periodo di detenzione arrivò la grazia concessa da Ciampi, dopo diversi appelli, il 24 novembre del 2004.

L’ex primula rossa del banditismo sardo tornò alla ribalta della cronaca per le polemiche suscitate dall’annuncio della sua partecipazione, nell’ottobre del 2009, all«’Isola dei famosi», il reality show condotto allora da Simona Ventura. In molti giudicarono inopportuna la sua partecipazione a una trasmissione televisiva di grande ascolto e perciò venne escluso. Mesina rimase quindi in Barbagia a fare la guida turistica e a tutti sembrava che la vita movimentata del bandito fosse per lui solo un ricordo. È invece nel 2013, poco prima dell’alba del 10 giugno, i carabinieri hanno bussato ancora una volta alla sua porta.

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