La Nuova Sardegna

Nuoro

Volpe 132, ora un’accusa choc: «Duplice omicidio volontario»

di Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna
Volpe 132, ora un’accusa choc: «Duplice omicidio volontario»

I risultati della perizia del Ris dei carabinieri e del professor Firrao del Politecnico di Torino proverebbero che non si trattò di un incidente, ma che l’A-109 della Finanza fu abbattuto a Feraxi

28 febbraio 2013
5 MINUTI DI LETTURA





FERAXI. La nebbia densa e opaca che finora ha nascosto il mistero della scomparsa dell'elicottero della Finanza Volpe 132 nel cielo di Capo Ferrato, la sera del 2 marzo 1994, comincia a diradarsi. L'inchiesta, che si era inabissata nell'ottobre del 2011 dopo la secretazione della perizia del Ris su alcuni frammenti dell'elicottero, ha avuto una svolta clamorosa: non si indaga più per il reato di disastro aviatorio, ma per duplice omicidio volontario. Dunque, tutto è cambiato dopo anni di sospetti, di depistaggi e di bugie. Perché la modifica del capo di imputazione sembra dare corpo ai terribili sospetti che per 19 anni si sono agitati, come fantasmi, intorno alla fine del maresciallo Gianfranco Deriu, 42 anni di Cuglieri, e del brigadiere Fabrizio Sedda, 27 anni di Ottana.

 Abbattuto. La chiave della svolta è di sicuro in quei pochi pezzi di metallo accartocciati, recuperati nel mare davanti a Capo Ferrato, due giorni dopo la tragedia. I segugi del Reparto investigazioni speciali dei carabinieri e il professor Donato Firrao del Politecnico di Torino, che su incarico della procura della Repubblica di Cagliari dovevano analizzare quei reperti, hanno evidentemente trovato qualcosa che legittima il disegno di uno scenario finora solo intuito. E cioè che l'A-109 della Finanza con a bordo Deriu e Sedda è stato abbattuto in quella fredda sera di maestrale tra le ore 19,15 e le 20.

 È molto probabile che sui pezzi di lamiera analizzati siano state trovate tracce di esplosivo o di combustione. Insomma, la prova oggettiva che l'elicottero è scoppiato e si è incendiato prima di precipitare in mare come una palla di fuoco.  Una circostanza che rimette in gioco tutto e che riaccende la speranza di arrivare finalmente alla verità. E all’improvviso si irrobustiscono le testimonianze oculari del giardiniere Giovanni Utzeri, del pensionato Gigi Marini, dell'ex assessore di San Vito Antonio Cuccu e del capraro Giuseppe Zuncheddu. Testimonianze inspiegabilmente occultate nella relazione tecnico-formale dell'inchiesta militare  e poi fatte riemergere dal lavoro della procura e dalla spinta di alcune inchieste giornalistiche. Utzeri, Marini, Cuccu e Zuncheddu da punti di osservazione diversi hanno raccontato di avere visto e sentito l'elicottero arrivare la sera del 2 marzo 1994 nella rada di Feraxi, dove era alla fonda una misteriosa nave portacontainer.  Poi, come una vampata di luce nel cielo, il rumore di esplosione e il rumore sordo delle eliche della nave misteriosa che prendeva il largo con le luci di bordo spente.

 I testimoni. Dichiarazioni certo credibili, perché riferite da persone diverse che (a parte Cuccu e Marini) neanche si conoscevano tra loro. E soprattutto drammaticamente coincidenti e sempre uguali nel tempo. Ma in questo momento emerge soprattutto in modo crudo lo "strappo" tra il racconto di queste persone normali, casuali testimoni di un delitto, e la versione ufficiale che deraglia verso un quadro incerto e nebuloso tra affermazioni contrastanti (come lo scopo della missione di Volpe 132), omissioni di testimonianze e l'inspiegabile ricorso al segreto di Stato, poi scardinato dalla procura. I quattro testimoni fissano due certezze: l'orario e il luogo della tragedia. E cioè tra le 19,15 (ultima comunicazione registrata tra l'elicottero e la base di Elmas) e le 20,00 nella rada di Feraxi, a nord di Capo Ferrato.

Da qui ecco nascere una catena inquietante di conseguenze. La prima è che il relitto dell'elicottero non è nei fondali dove i testimoni dicono dovrebbe essere. E l'unica spiegazione plausibile di questo mistero è che qualcuno l'abbia spostato. Domanda conseguente: chi e perché?

Poi, diventa quanto meno sospetto il fatto che, nonostante Utzeri avesse riferito nell'immediatezza dei fatti ai carabinieri di Castiadas che l'elicottero era precipitato a Feraxi, nelle successive 48 ore ci si sia ostinati a cercarlo molte  miglia più a sud.

E infine, la nave. I quattro testimoni ne parlano dettagliatamente. Marini racconta con precisione gli spostamenti in rada della portacontainer dalla mattina alla sera, indicando il punto preciso in cui si trovava al momento dell'abbattimento di Volpe 132. Cuccu, esperto uomo di mare, addirittura la riconosce. Davanti a una fotografia della Lucina (il cargo che fu teatro dell'orrenda strage del suo equipaggio qualche mese dopo nel porto di Djendjen, in Algeria) non ha dubbi: «Sì, la nave era questa. Non ho dubbi perché la conoscevo molto bene: da anni veniva a Feraxi, sempre nello stesso periodo dell'anno».

Enigmi.  Eppure c'è stato chi ha smentito quella scomoda e oscura presenza. Proprio la mattina del 2 marzo 1994, infatti, un pilota della Finanza (Dario Congiu) dice di avere compiuto una crociera a Feraxi a bordo di un elicottero del Corpo. Non racconta le ragioni di quel viaggio, ma ai magistrati dice di non avere visto alcuna nave. Con lui c’era il colonnello Antonio Bolacchi (comandante del secondo gruppo delle fiamme gialle) che, interrogato nel 2005, sfuma dicendo di «non ricordare» la presenza del cargo in rada.

E che dire delle affermazioni delle autorità militari del poligono di Quirra? Anche loro sostengono di non aver visto la nave misteriosa. E comunque, se c'era, era sicuramente fuori dall'area controllata del poligono a mare. Circostanza, questa, smentita decisamente dalla polizia giudiziaria che ha verificato invece le coordinate del punto in cui si trovava la portacontainer ed è arrivata alla certezza che erano all'interno dell'area militare. Una conclusione inaudita e destinata a far crollare altre omertà.

Il segreto di Stato. Oggi, in questo nuovo scenario investigativo, assumono una rilevanza diversa circostanze che erano apparse indubbiamente strane. Come il ricorso al segreto di Stato. Il 9 giugno 1994 il sostituto procuratore della Repubblica Guido Pani, che ha in mano l'inchiesta penale sulla scomparsa dell'elicottero, chiede allo stato maggiore dell'Aeronautica militare una copia della relazione stilata dalla commissione tecnico-formale.

Tredici giorni dopo, riceve una nota firmata dal generale Luciano Battisti, con la quale viene informato che il documento è classificato riservato e perciò non può essere trasmesso. Come se non bastasse, l'indomani a Pani arriva una lettera dall'Ufficio centrale per la sicurezza della presidenza del Consiglio, nella quale si ribadisce che la relazione è coperta dal segreto di Stato.

Ma la procedura seguita è irrituale perché non tiene conto della legge 801 del '77. Il magistrato cagliaritano, così, ricorre all'articolo 256 del codice di procedura penale e ottiene la relazione. Incomprensibile il tentativo di secretazione del documento, visto che viene ipotizzato semplicemente un incidente. Oggi è necessario sapere chi chiese il segreto. Per capire chi ha cercato di nascondere un duplice omicidio.

Finalmente qualcosa sembra stia cambiando: la verità sulla morte di Deriu e Sedda non è più un traguardo impossibile.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’incidente

Scontro frontale sulla Sassari-Olbia, cinque feriti in codice rosso

Le nostre iniziative