La Nuova Sardegna

Nuoro

Bolotana e Bortigali, la contesa storica in un atto datato 1819

di Federico Sedda
Bolotana e Bortigali, la contesa storica in un atto datato 1819

Illustrato un documento dell’archivio di Stato che parla del borgo di Santa Maria ’e Sauccu diviso tra i due comuni

06 gennaio 2013
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BOLOTANA. Quei sei ettari di terreno con chiesetta e villaggio che stanno lassù, a Santa Maria ‘e Sauccu, sui monti del Marghine, a pochi passi da Badde Salighes, sono da anni al centro di una contesa tra Bolotana e Bortigali. Tutto perché, il primo Comune ha la giurisdizione amministrativa dei terreni, il secondo, invece, tramite alcuni cittadini, ha la proprietà delle case-muristenes e il patrocinio storico-religioso sul villaggio. A Santa Maria ‘e Sauccu, a settembre, i bortigalesi celebrano l’omonima festa, soggiornando dieci giorni nel piccolo borgo. Poi, nel villaggio, che si affaccia sulla vallata di un timido ruscello, ritorna il silenzio. Una situazione anomala, che provoca qualche contrasto amministrativo tra i comuni e un certo disagio tra gli abitanti dei due paesi. Tutto, sia chiaro, contenuto in un patto non scritto di tolleranza reciproca. Il contrasto, però, è venuto a galla anche di recente. Bortigali (che si dice pronto a modificare i confini) ha accusato Bolotana di non fornire servizi al villaggio, salvo pretendere le tasse dell’Imu e della Tarsu. Il comune di Bolotana non ha alimentato la polemica. La contesa, tuttavia, ha radici profonde. A portarla alla luce è un documento dell’archivio di Stato di Cagliari che racconta la causa promossa nel 1819 dalla comunità di Bortigali contro quella di Bolotana per il godimento dei terreni di Sauccu. Il documento, trascritto dall’associazione culturale Passato e presente con un finanziamento del comune di Bolotana, è stato illustrato l’altro ieri, nell’aula consiliare, dal direttore dei “Quaderni bolotanesi”, Italo Bussa, alla presenza dei sindaci di Bolotana e di Bortigali, Francesco Manconi e Francesco Caggiari. Tutto nacque dai cosiddetti “diritti di promiscua” nei boschi demaniali, dove, tutti i paesi del Marghine, avevano il diritto di taglio del legnatico e di pascolo dell’erba e delle ghiande. «Bortigali – racconta Bussa – riteneva che il diritto di pascolo comprendesse anche quello di fare orzaline, cioè di seminare e di realizzare mandre, capanne e porcili. Così, i bortigalesi invasero gradualmente i terreni gravitanti sul confine, occupando le mandre e le capanne degli allevatori bolotanesi». Per ripristinare la situazione, le parti in gioco, dimostrando già allora grande civiltà, non puntarono sulla violenza, ma sulla legge. Ne venne fuori una causa presso il supremo tribunale del regno di Sardegna, che, con sentenza del 1830, chiarì che la legge vietava le orzaline realizzate su terreni di proprietà altrui. Anche le sentenze d’appello e del supremo tribunale diedero ragione ai bolotanesi. I giudici ripristinarono il diritto. Ma la storia non ha cancellato i contrasti.

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