La Nuova Sardegna

Nuoro

tradizioni a giudizio

Spari durante il matrimonio, assolto il papà dello sposo

di Valeria Gianoglio
Spari durante il matrimonio, assolto il papà dello sposo

NUORO. Sei anni fa, quanto tutto era accaduto, molti riflettori si erano accesi su Onifai e sul caso singolarissimo di quella festa di matrimonio cominciata con sei fucilieri che sparavano da un...

12 dicembre 2012
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NUORO. Sei anni fa, quanto tutto era accaduto, molti riflettori si erano accesi su Onifai e sul caso singolarissimo di quella festa di matrimonio cominciata con sei fucilieri che sparavano da un tetto ben 231 colpi in segno di buon’augurio, e finita con i carabinieri che si presentano al pranzo conviviale di Ispinigoli. E non lo avevano fatto per consegnare la “busta” ai neo-coniugi, ma per arrestare nientemeno che il padre dello sposo per detenzione di pistola illegale.

Ci sono voluti sei anni, tra indagini e udienze, ma ieri mattina, alla fine, la stessa pubblica accusa, così come la difesa, ha chiesto e ottenuto che l’imputato, nonché papà orgoglioso dello sposo, fosse assolto per non aver commesso il fatto. E il tribunale collegiale presieduto da Antonio Luigi Demuro – a latere Mariano Mameli ed Elisa Anzani – dopo una breve camera di consiglio ha convenuto per la piena assoluzione.

Poco prima, in udienza, a raccontare com’erano andate, quel giorno, le cose, era stato uno dei carabinieri che quel giorno erano intervenuti. «Il 21 ottobre del 2006 – ha raccontato ai giudici – con altri colleghi eravamo impegnati a Onifai in un servizio. A un certo punto sentimmo numerosi colpi di arma da fuoco arrivare da una strada vicina, via De Gasperi, e allora ci dirigemmo verso il punto. E là vedemmo alcune persone sul tetto che sparavano in aria. Non sapevamo che c’era un matrimonio, così li invitammo a posare l’arma e andammo a fare i controlli. Trovammo sei persone, ma molto probabilmente altre si erano allontanate. Le identificammo e accertammo anche che i loro fucili erano detenuti legalmente, anche se alcuni avevano solo il porto d’arma per la caccia. Sotto una tegola del tetto, poi, trovammo una pistola a tamburo calibro 38. Poi ci accorgemmo che aveva la matricola abrasa. Chiedemmo di chi era, ma nessuno ci rispose, allora, in accordo con il magistrato la addebitammo al proprietario dell’immobile, Giorgio Floris». Il punto è che il signor Floris in questione era proprio il padre dello sposo e in quel momento era tutt’altro che in casa, ma stava accompagnando il figlio all’altare. I carabinieri avevano tentato di intercettarlo in chiesa, ma la messa era ormai finita, e dunque si erano diretti verso il ristorante Ispinigoli dove si stava tenendo il pranzo. E neanche lì lo trovarono. «Aveva avuto un malore. Ma in ogni caso si è trattato di una vicenda assurda: come si è potuta attribuire una pistola a Floris solo perché era il proprietario della casa?» ha ripetuto ieri la difesa, con gli avvocati Lorenzo Soro e Maria Cristina Floris, che ha sostituito l’avvocato Pietro Diez. La giustizia ha dato loro ragione.

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