La Nuova Sardegna

Nuoro

Minacce al procuratore di Lanusei: e sono tre

Valeria Gianoglio
Minacce al procuratore di Lanusei: e sono tre

Le scritte nel cimitero citano anche gli arrestati per il colpo in banca

23 gennaio 2009
4 MINUTI DI LETTURA





ILBONO. Glielo hanno riferito ieri mattina, mentre si trovava fuori dai confini ogliastrini. «Signor procuratore, stanotte sono comparse delle scritte minacciose nei suoi confronti dentro il cimitero di Ilbono, citano anche gli arresti per la rapina di Ilbono e il nome di Franco Ibba». Domenico Fiordalisi ha ascoltato tutto, ha pensato che era già la terza volta che gli capitava da quando era arrivato in Sardegna, ma non si è scomposto. E a chi, per tutta la mattina, gli ha chiesto che cosa ne pensasse delle ennesime minacce, ha detto semplicemente che non voleva assolutamente fare alcun commento, perché quello era il suo lavoro.

E così sono tre. Una volta, le minacce erano arrivate dopo i quattro arresti per armi dell’operazione Flumendosa, a Villagrande, lo scorso 14 agosto. Solo tre persone erano però finite in cella, un quarto, invece, era sfuggito. In carcere erano finiti Daniele Conigiu, Raffaele Congiu e Francesco Olianas. Poco dopo gli arresti, erano arrivate le minacce. I malviventi, rimasti anonimi, avevano deciso di usare il muro sotto un ponte vicino a Villagrande, per scrivere il loro inquietante messaggio.

La seconda volta, nello scorso novembre, i soliti ignoti avevano colpito la sua auto. Ne avevano bucato un pneumatico, mentre la moglie era andata a fare la spesa al supermercato. La terza, infine, ieri notte. Tre volte in cui il nome del procuratore capo del tribunale di Lanusei, arrivato in Ogliastra da appena cinque mesi ma già attivissimo sul fronte delle indagini, è stato bersaglio delle minacce più o meno velate dei soliti ignoti. Questa volta, le scritte, sono comparse a una settimana esatta di distanza dai due arresti fatti dai carabinieri su disposizione della Procura che per gli investigatori sono legati in qualche modo alla rapina compiuta a Ilbono, alla fine dell’agosto 2006.

Un assalto in piena regola alla filiale del Banco di Sardegna del paese. Un assalto finito nel sangue perché uno dei tre banditi, Gianluigi Mameli, era stato ucciso con un colpo di fucile esploso dall’ex bancario ilbonese Franco Ibba. Una settimana fa, il procuratore Fiordalisi, nel corso di una conferenza stampa, aveva spiegato che uno degli arresti appena fatti, quello dell’allevatore di Ilbono Silvano Piroddi, era legato direttamente alla rapina del 2006. Per gli inquirenti, insomma, Piroddi, era uno dei tre banditi che avevano assaltato la filiale. Nei suoi confronti, infatti, l’accusa era stata proprio quella di rapina e della ricettazione di alcune armi.

Per l’altro arrestato una settimana fa, invece, Massimo Marongiu, 32 anni, anche lui allevatore di Ilbono, l’ordinanza di custodia cautelare in carcere era stata emessa per l’accusa di «detenzione di arma clandestina». Il procuratore capo aveva poi aggiunto una considerazione preziosa. Aveva spiegato, infatti, che secondo lui e i suoi uomini con i due arresti in questione si era fatto un passo in avanti per chiarire anche il contesto criminale in cui era maturato l’omicidio dell’ex bancario Franco Ibba. «Perché - aveva precisato il procuratore - la rapina di Ilbono e l’omicidio Ibba sono evidentemente collegati. Il delitto, probabilmente, è stato una vendetta per la rapina».

Le sue parole, evidentemente, hanno dato fastidio a qualcuno. Probabilmente lo stesso, o gli stessi, che la scorsa notte, protetti dal buio, sono entrati nel cimitero di Ilbono e hanno scritto le minacce nei confronti di Fiordalisi. Citando in modo esplicito il nome di Franco Ibba e degli arresti fatti per la rapina al Banco di Sardegna di Ilbono, nel 2006.

Cosa ci fosse scritto esattamente nel muro del cimitero, non è dato e forse non è neanche utile sapere. Certo è che le scritte sono state subito cancellate mentre i carabinieri di Lanusei, guidati dal capitano Dario Pini, hanno avviato le indagini. Domenico Fiordalisi, ieri mattina, dunque, ha preferito non commentare l’accaduto. E del resto, neppure le altre due volte in cui è stato bersaglio di minacce, aveva detto qualcosa. Si era limitato a continuare il suo lavoro, in silenzio. Si era limitato a continuare a scavare nei meandri della malavita ogliastrina e nei suoi complicati intrecci.

E a riaprire casi ormai dimenticati come quello dell’assassinio di Rosanna Fiori, la titolare dell’azienda florovivaistica Barbagia Flores. Il 15 e 16 gennaio scorso, infatti, dopo mesi, anzi anni di silenzio, il procuratore e gli uomini della squadra mobile nuorese avevano fatto un sopralluogo nelle campagne vicino a Villanova e nei luoghi dove erano stati uccisi tra gli altri anche la stessa imprenditrice Rosanna Fiori e l’operaio Enel Ferdinando Buttau. I due casi erano stati riaperti e messi in stretto collegamento tra loro. Controllando carte, vecchi fascicoli e risentendo testimoni dell’epoca, infatti, gli investigatori avevano scoperto un dato importante: Ferdinando Buttau, prima di morire, aveva rivelato a qualcuno i nomi del killer di Rosanna Fiori. Un’attività che evidentemente ha infastidito molti, nel mondo della criminalità ogliastrina.
Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative