La Nuova Sardegna

Nuoro

Orosei, tensione al consiglio comunaleesplode un ordigno a Sos Alinos

Angelo Fontanesi
Orosei, tensione al consiglio comunaleesplode un ordigno a Sos Alinos

Un asino portato dai proprietari delle case abusive ciondolava all’ingresso del municipio, proprio davanti alle inferriate a cui erano appesi i cartelli inneggianti alla legalità, al sindaco e alla maggioranza. Era solo l’inizio di una serata tra le più difficili nella storia di Orosei

19 gennaio 2008
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Mezzo paese che si contrappone all’altra metà. Quelli che vogliono fermare le demolizioni e quelli che affermano il primato della legge e delle sentenze della magistratura. Prima l’assembramento di fronte al Comune, poi la tensione che si sposta all’interno della sala consiliare affollata da centinaia di persone. E infine, proprio mentre la seduta sta per cominciare, arriva via sms l’eco devastante di una fortissima esplosione nella borgata di Sos Alinos, non lontano da dove le ruspe sono entrate in azione lunedì mattina.

I carabinieri setacciano per ore l’intero territorio della frazione, senza trovare il luogo dello scoppio, nonostante molti testimoni parlino di vetri che tremavano e dell’acre odore dell’esplosivo.

Peggio di così il consiglio comunale non poteva iniziare e alla fine di tre ore di infuocato dibattito non è che il «partito della legalità», partito così baldanzosamente, se la passi troppo bene. Il compromesso è questo: la mozione con la quale la maggioranza invita la giunta alle dimissioni viene votata all’unanimità, ma con una modifica. L’ipotesi di dimettersi sarà valutata dagli amministratori solo se ritenuto utile e necessario, se cioè tutti i tentativi politici, amministrativi e giuridici che da oggi il Consiglio nella sua interezza compirà per scongiurare la prossima demolizione non daranno esito positivo.

Amministrazione appesa ad un filo, insomma, e con il clima respirato ieri non poteva essere diversamente. La cronaca di una infiammata seduta di Consiglio inizia con il sindaco che cerca di smorzare i toni riassumendo con perizia tutti i passaggi tentati da lui e dalla sua amministrazione per cercare di fermare le operazioni di demolizioni decise dalla Procura della Repubblica di Nuoro.
 Ripete una storia già sentita tante volte nelle ultime settimane, una storia che parla di sentenze passate in giudicato da decenni, di una giustizia colpevolmente lenta e di competenze e poteri che lui non ha: “C’è solo una possibilità giuridica da percorrere: chiedere l’incostituzionalità di pene così vecchie. Ma è compiuto di avvocati e di giudici, non del sindaco”. Insomma: rispetto pieno della legalità, senza cercare soluzioni pasticciate.

A lui replica Silvia Flore, portavoce del comitato dei 45, i “condannati” all’abbattimento in attesa di esecuzione. Legge una lettera che si ispira a Martin Luther King: “Ho fatto un sogno, ho visto il sindaco che si incatenava ai cancelli del governo e urlava ‘fermate le ruspe contro i miei cittadini’. Peccato però che fosse solo un sogno”.

Parole forse fuori luogo in un contesto dove prevale la disperazione da una parte e la paura dall’altra. Dal pubblico però intervengono anche i supporter della legalità e non sono pochi: “Umanamente siamo vicini ai destinatari delle demolizioni, ma né il sindaco né nessun altro può andare contro la legge e chi ha sbagliato, seppur in buona fede purtroppo deve pagare”.

Due fazioni ben distinte tra il pubblico, due fazioni (o forse tre) tra i banchi consiliari. Qui le posizione sono note e vengono confermate. La maggioranza garantisce tutto l’appoggio morale ai “demolendi” e promette il massimo impegno politico per impedire che le ruspe tornino ad operare in paese. Alla minoranza non basta, insiste nelle dimissioni subito per dare un segnale forte, anzi fortissimo, della sua determinazione. Tutto questo mentre tra il pubblico continuano ad impazzare le notizie più disparate sul destinatario dell’attentato di Sos Alinos.

Con certezza si sa che c’è stata ed è stata fortissima, sono decine le segnalazioni che giungono dalla borgata. Forse una bomba gettata in mare da pescatori di frodo? Nulla si può escludere. La tensione destabilizzante si aggiunge alla paura e alla confusione dove invece occorrerebbe calma e saggezza. Anche tra il pubblico non mancano screzi ed insulti tra le opposte frazioni, anche se tutto sommato la discussione si mantiene nei limiti della decenza. Alla fine dopo una interruzione di mezz’ora, alle 22.30, la mozione della minoranza viene votata all’unanimità limata nella parte che parla di dimissioni.
 Un compromesso per salvare il salvabile e cercare di dare un filo di speranza alla disperazione. Il Consiglio si chiude così, con un paese lacerato e sgomento, dove il buon senso sembra sparito d’incanto.

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