La Nuova Sardegna

Cagliari

Cagliari, conciliazione vita-lavoro: il nemico si chiama burocrazia

Al convegno-seminario "Sui Generis" sulle pari opportunità, la toccante testimonianza di una professionista caregiver del marito con una malattia irreversibile che l'ha portato a una gravissima non autosufficienza

11 settembre 2016
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CAGLIARI. Conciliazione vita-lavoro, ecco la toccante testimonianza portata alla tavola rotonda di sabato 10 settembre 2016 al convegno "Sui Generis".

"Buongiorno,  sono un medico, ho 56 anni e sono la direttrice di un pronto soccorso. Dopo essermi presa cura di migliaia di persone, 4 anni fa, dopo 27 anni di matrimonio, anche mio marito Pier è diventato mio paziente, il più grave. La sla lo ha colpito a 54 anni, nel periodo più bello della sua e della nostra vita: due splendide figlie, una soddisfacente lavoro per tutti e due.. Il risultato di tanti sacrifici..."

"Da un giorno all'altro la vita ci si è rivoltata contro. La disabilità si è manifestata in tutta la sua crudeltà con una rapidità difficilmente accettabile: la nostra famiglia è stata distrutta dal dolore. Le nostre figlie adolescenti non riuscivano a farsi una ragione di quello che stava succedendo al padre. Dopo alcuni viaggi della speranza ci siamo arresi alla diagnosi: centinaia di studi in corso ma nessuna terapia.... Da un giorno all'altro Pier non riusciva più a parlare, poi a deglutire, ad abbottonare la camicia, a camminare e in ultimo non riusciva a respirare... In un crescendo di pochi mesi Pier era in sedia a rotelle, tracheostomizzato, attaccato ad un ventilatore, nutrito con la peg, prigioniero nel suo corpo come nella tela di un ragno... con un cervello che però funzionava (e funziona ancora) a meraviglia... Abbiamo voluto fortemente che, dopo la tracheostomia, dalla rianimazione tornasse a casa".

"Io, provata dal mio dolore e dall'enormità delle incombenze burocratiche, non riuscivo neppure ad aiutare mie figlie ad affrontare il loro, ammesso che questo fosse umanamente possibile... Poi la giungla di una burocrazia schizofrenica, passaggi ridondanti da un ufficio all'altro per il riconoscimento dell'invalidita e dei contributi per il "ritornare a casa". Documenti sanitari, isee, patronati, assistenti sociali… La ricerca disperata di assistenti domiciliari formati ad assistere un tracheostomizzato. Introvabili. La nostra casa invasa da estranei, assistenti, infermieri, addetti all'ossigeno, rianimatori per controlli e cambio cannula e peg. In breve tempo abbiamo perso totalmente la nostra privacy e piano piano è arrivato l'abbandono da parte dei nostri, prima, numerosi amici..."

"Il primo anno ho usato tutti i giorni di ferie andando per uffici,ed ero stanca, stanca da morire, con un debito di sonno tale che 20 anni di guardie al pronto soccorso del Brotzu mi sembravano ormai uno scherzo... eppure non ho saltato una giornata del mio lavoro, tra l'affettuoso silenzioso conforto dei miei colleghi e collaboratori. Dovevo resistere, volevo resistere, sono forte io, mi dicevo, devo farcela per Pier, per Benedetta che ha 18 anni e per Letizia che ne ha 14.... Assorbo io il colpo... Da allora la mia giornata ruota fra il mio lavoro in ospedale e il mio lavoro a casa, sette giorni su sette, 24 ore su 24, con mille incastri tra le visite di controllo di Pier, i materiali che servono nella casa, ormai diventata un reparto di rianimazione, le buste paga degli assistenti e altre mille incombenze che non sto a dire... ma fra tutte, il rinnovo annuale del progetto "ritornare a casa" è per me un incubo..."

"Nei giorni di 104 non puoi andare per uffici… le tre giornate mensili, come recita la Cassazione, possono essere utilizzate solo ed esclusivamente per assistenza diretta al paziente, senza esclusione. La documentazione sanitaria per il rinnovo va data all'assistente sociale del Comune insieme all'isee. L'assistente sociale predispone il progetto che va presentato all'uvt asl composta da medici. Approvata, ritorna al comune e viene inviata in assessorato alla sanità dove un'altra commissione medica la riesamina e la rimanda, riapprovata, al comune per l'erogazione dei fondi... Il comune la manda in ragioneria e si aspettano i fondi erogati dall'assessorato. Ecco perché dico burocrazia schizofrenica... Basterebbe una fotografia di Pier.... Mesi e mesi di attesa per ottenere somme che coprono a malapena la metà delle spese da sostenere. Un paziente come Pier potrebbe stare solo in rianimazione o in rsa con costi esorbitanti per il Ssn. Per tenerlo a casa riceviamo meno della metà... quando in ospedale il ricovero in rianimazione non lo paga neppure chi è miliardario... In tutto questo dramma il mio orgoglio è che Pier è così ben assistito a casa che in questi anni non è stato ricoverato neppure una volta..."

"Non voglio parlare della fatica, dello stress e delle rinunce necessarie per affrontare e far funzionare tutto questo... Per scelta mia e delle mie figlie, la notte non abbiamo nessun assistente. Alle 20 tutti vanno via e noi torniamo ad essere una famiglia: possiamo parlare e scherzare e piangere senza che nessuno ci senta e recuperare così un po della nostra vita. Ci sono io con Pier, io e lui nella nostra stanza, e tutta la notte lo controllo mentre dorme e provvedo a tutto: io moglie, medico, caregiver, amministratrice di sostegno... che alle 6.30 del mattino si prepara per andare a lavorare, a Carbonia, ogni giorno. Non voglio solo piangermi addosso e allora mi consolo… come in tutte le cose troppo dolorose da accettare, metto in atto i meccanismi di "protezione dell'ego". ...Benedetta ha 23 anni e quest'anno si laurea… Letizia ha appena compiuto 18 e quest'anno si diploma e Pier è ancora con noi e ci parla dal puntatore oculare con la sua voce metallica. A modo nostro riusciamo ad essere felici, la vita è bella nonostante tutto questo".

"Poi penso alla sofferenza di Pier, a questa tremenda malattia che lo vuole morto ma lo lascia vivere e vorrei arrendermi, piangere, ma non riesco… e scelgo di andare avanti. Sono tosta io... Così mi dice chi non capisce che la sua sofferenza è anche la mia..."

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