La Nuova Sardegna

Cagliari

Quattro ricorsi al Tar contro l’esito delle elezioni regionali

Quattro ricorsi al Tar contro l’esito delle elezioni regionali

A quelli di Stochino e Cau si aggiunge quello presentato da 25 cittadini: in Consiglio solo quattro donne e territori sotto rappresentati

10 aprile 2014
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CAGLIARI. Sono quattro i ricorsi presentati finora al Tar contro l’atto di proclamazione degli eletti nelle ultime regionali del 16 febbraio scorso. Due, depositati stamane fra i quali quello di un gruppo di 25 cittadini rappresentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa, evidenziano anche censure di natura costituzionale rispetto alla legge elettorale approvata nel novembre scorso, la cui applicazione che ha portato in consiglio regionale solo quattro donne, ridotto la rappresentanza di alcuni territori (Gallura, Ogliastra e Medio Campidano) e tenuto fuori dall’Assemblea coalizioni e partiti, che pur avendo ottenuto migliaia di voti, non hanno superato le soglie di sbarramento.

Gli altri due, invece, sono stati presentati dai legali dei candidati di Forza Italia Angelo Stochino, non rieletto in Ogliastra, e Nicola Cau, che aspirava a un seggio nel Medio Campidano.

Nei casi di Stochino (l’udienza davanti al Tar è già stata fissata per il 18 giugno prossimo) e di Cau i ricorsi contestano la cosiddetta «migrazione dei seggi», cioè la ripartizione dei voti che, premiando con un numero più alto di seggi i collegi in cui l’affluenza alle urne è stata più alta, ne ha sottratti a quelli dove buona parte degli elettori ha disertato le urne. Cau, che ha presentato ricorso il 9 aprile scorso, a gennaio era subentrato, come primo dei non eletti nel 2009, in consiglio regionale a Sisinnio Piras, consigliere sospeso dopo l’arresto nell’ambito dell’inchiesta per peculato condotta dalla procura di Cagliari sulle spese dei fondi ai gruppi consiliari.

L’udienza per il ricorso depositato stamane da Pubusa potrebbe ssere fissata per fine giugno-primi di luglio. L’avvocato ha delineato stamane in una conferenza stampa a Cagliari due possibili scenari: il Tar respinge il ricorso perché non ritiene manifestamente fondate i rilievi costituzionali mossi, eventualità ritenuta la meno probabile, anche alla luce della decisione del Tribunale amministrativo della Lombardia sulla legge elettorale di quella Regione; i giudici amministrativi rimettono gli atti alla Corte costituzionale. In quest’ultimo caso si prospettano tre possibilità.

La Consulta potrebbe accogliere quella che i ricorrenti considerano la censura più rilevante, quella sull’articolo 9 della legge elettorale sul voto di preferenza: in questo caso, i giudici finirebbero per «riscrivere» la legge, verrebbero annullate le elezioni del 16 febbraio, l’Assemblea sarda decadrebbe e si andrebbe a un commissariamento che preluderebbe a nuove elezioni.

Nel caso in cui, invece, fossero accolte sia la censura sul premio di maggioranza sia quella sulle soglie di sbarramento, entrerebbero in Consiglio regionale forze politiche come Sardegna Possibile di Michela Murgia e Coalizione del popolo sardo di Mauro Pili, a scapito dell’attuale ripartizione dei seggi fra centrosinistra e centrodestra.

Se la Consulta, invece, censurasse la sola norma sugli sbarramenti, facendo salvo il premio di maggioranza, l’ingresso degli esclusi in Consiglio avverrebbe, invece, a spese della sola coalizione di centrodestra guidata dall’ex presidente della Regione Ugo Cappellacci. «Questa legge è una truffa, una vergogna – hanno contestato Pubusa e Mario Ligas, fra i firmatari del ricorso presentato stamane – È il risultato di una conventio ad excludendum fra i partiti maggiori per escludere liste minori non allineate e che non hanno ’baciato le pantofole’. È una legge che consente le ’furbate’ alla Cappellacci, come l’adesione tecnica alla lista Zona Franca per esentare i promotori dalla raccolta delle firme».

«Bisogna garantire sì la governabilità – ha osservato Antonello Murgia, fra i firmatari del ricorso – ma ciò non può essere fatto a scapito della rappresentanza. In questo caso, tra l’altro, il risultato è una legge rivelatasi iperproporzionalista verso i partiti che si sono assoggettati alla coalizione vincitrice, col rischio che, a questo punto, non sia garantita neppure la governalità».

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