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Cagliari

Ambiente, nel futuro dell’isola la minaccia delle trivelle

di Giampaolo Meloni
Ambiente, nel futuro dell’isola la minaccia delle trivelle

Aumentano le richieste di permessi per le ricerche di petrolio e altri idrocarburi. Ma cresce anche l’opposizione. Dadea: atteggiamenti coloniali non più tollerabili - FOTO

03 dicembre 2012
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SANLURI. Il dieci per cento in un futuro ormai alle porte: una porzione vastissima del territorio isolano esposta alla servitù delle attività di ricerca per la produzione energetica. Le richieste crescono rapidamente e non c’è alcuna sensibilità preventiva per la salute. La Sardegna è ormai vittima delle trivelle e delle serre fotovoltaiche che si aggiungono alle attività industriali operative e ai siti dismessi o chiusi di recente. La prigione dell’inquinamento è sempre più stretta e l’incidenza sulla vita umana è altissima: i tumori mietono vittime con una sequenza crescente e impressionante, da Sarroch a Porto Torres.

Lo scenario affiora con una pioggia di dati nel confronto voluto dal Comitato No Eleonora che si oppone al progetto di ricerche nell’area di Arborea e dintorni presentato dalla Sargas (una srl con 10mila euro di capitale sociale generata dalla Saras) per verificare ed eventualmente sfruttare la presenza di gas nel sottosuolo della piana del Campidano oristanese. Non è l’unico progetto. Ai 442 chilometri quadrati interessati alle trivellazioni nell’Oristanese, si sommano i 180 chilometri quadrati di estensione delle ricerche indicati nel progetto Igia sempre della Sargas che dovrebbe trivellare il Medio Campidano con il cuore a Sanluri, alla ricerca di idrocarburi. Sulla carta altri tre progetti: due dei quali bocciati dal ministero dell’Ambiente perchè destinati alle ricerche in mare: nel frattempo è cambiata la normativa che ha imposto una distanza di 12 miglia dalla costa contro le 5 precedenti, per poter effettuare le prospezioni al largo. Infine uno della Puma Petroleum al momento congelato dalla stessa azienda e riferito all’area nord Oristanese.

Ai cittadini che si oppongono all’impianto di Arborea, si affianca l’amministrazione comunale di Sanluri: «Abbiamo detto no a un grande impianto eolico e abbiamo detto no all’estensione delle ricerche minerarie di Furtei che confina con noi. Con la stessa convinzione diciamo no a questa ipotesi. Di certo, quando scaveranno il primo pozzo, se lo faranno, scatterà l’allarme», è la posizione netta del sindaco Alessandro Collu. La prima richiesta risale a quattro anni fa.

Lo schieramento contro le trivelle cresce accanto a ogni progetto e con mobilitazione rapida. Due mesi fa a Decimoputzu, nel Campidano meridionale, alcuni cittadini hanno notato l’improvvisa attività di un cantiere nelle campagne: «Tanto lavoro, niente cartelli, nessuna spiegazione da nessuna parte», testimonia Attilio Piras, uno dei tanti che si sono dati da fare per capire e hanno costituito il Comitato Terra sana. Hanno scoperto che si stava costruendo una grande centrale per la produzione di biogas. A circa 2700 metri è nato pochi mesi fa un impianto fotovoltaico da 50 megawatt. Un altro impianto dovrebbe prendere forma a Vallermosa, dove, secondo il progetto, tra le carciofaie svetterà una torre di 180 metri.

Operazioni che avanzano in silenzio, di cui spesso le amministrazioni locali non hanno o in qualche caso fingono di non avere esatta percezione. Le procedure passano dal ministero alla Regione con percorsi di scarsa visibilità. Uno scenario da far paura, al quale si aggiungono sette istanze di ricerca geotermica (bolle di aria e acqua calda imprigionate nel sottosuolo) che richiedono esplorazioni a grandissima profondità. Gli impianti di ricerca sono previsti nella fascia sudoccidentale, da Siliqua a Cuglieri. Poi ci sono i giganti del fotovoltaico (serre in agricoltura), spesso contestati, da Cossoine a Narbolia, da Decimoputzu a Santadi. E poi il gasdotto il Galsi.

Ma a che serve tanto fervore alla ricerca di fonti energetiche? La Sardegna ne ha bisogno? Niente affatto, risponde il Comitato No Eleonora con il supporto di dati che riempiono faldoni. Spiega Davide Rullo che in fondo il nodo sta nelle royalty, i diritti di indennizzo calcolati sul fatturato delle aziende che devono poi essere girati ai Comuni, ma siccome non ci sono criteri normativi certi di calcolo e tassazione dei profitti, i Comuni incasseranno ben poco dallo sfruttamento delle loro terre.

Ma c’è anche una questione ben più delicata che le attività industriali trascurano o preferibilmente ignorano: l’ambiente, l’inquinamento, la salute. Massimo Dadea, medico cardiologo, assessore regionale nella giunta Soru, dà l’entità della mappa: abbiamo il primato delle servitù industriali con 445mila ettari di territorio inquinati. «L’incidenza delle patologie tumorali è molto elevata, sia a Sarroch, sia Porto Torres». Per l’intero sistema vale la valutazione che rivolge alla Saras: «Questi atteggiamenti coloniali che si basano sul ricatto odioso del lavoro a scapito della salute non è più tollerabile». Dadea invoca una rivolta delle coscienze contro questo «monumento alla stupidità umana». Dice: «O lo facciamo noi, e sarebbe un atto civile, o lo fa un magistrato coraggioso. Ma dobbiamo affidarci all’ennesimo magistrato coraggioso»?

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