La Nuova Sardegna

Cagliari

Capoterra, le undici cause del disastro

Mauro Lissia
Capoterra, le undici cause del disastro

Arriva in Procura il colossale rapporto del Corpo Forestale: un duro atto d’accusa

08 ottobre 2009
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Undici punti critici, undici cause che hanno provocato il disastro di Capoterra del 22 ottobre scorso con quattro morti e centinaia di case distrutte. Circoscritte le responsabilità: partono dagli anni Cinquanta, quando venne realizzata la diga sul San Girolamo. Fino a tempi recenti, quando il ponte della morte che separa le due aree abitate di Poggio dei Pini è stato ricostruito ancora una volta sotto l’invaso di terra da cui è venuta giù l’onda d’acqua.

Il colossale lavoro di ricostruzione e di raccolta degli atti concluso in meno di dodici mesi dal nucleo ispettivo del Corpo Forestale sarà consegnato nella stesura definitiva lunedì prossimo ai pubblici ministeri Daniele Caria e Guido Pani insieme a tre faldoni di documenti. Non riporta nomi e cognomi dei presunti responsabili del disastro - si indaga per omicidio colposo plurimo - ma abbraccia un insieme di enti e amministrazioni che va dal Genio Civile al comune di Capoterra nelle sue varie e successive configurazioni politiche. Settanta pagine di verbali con riferimenti a documenti e mappe, un abbecedario di errori clamorosi e di sciatterie tecniche che secondo la Forestale sarebbe all’origine dell’alluvione e delle morti conseguenti. Come dire: il destino non c’entra, a favorire morte e devastazione sono state le scelte di tecnici, amministratori, impresari e lottizzatori locali compreso l’autore del piano di fabbricazione che ha generato la bulimia cementizia dell’area di Capoterra.

Un dato su tutti: ancora trenta-quaranta minuti di pioggia e la diga di Poggio dei Pini avrebbe collassato. L’hanno certificato i consulenti di Torino sentiti dagli investigatori e lo scrivono i forestali nel rapporto alla Procura. Ha ceduto solo un quinto dell’argine, ma quando il diluvio s’è interrotto la barriera era zuppa d’acqua, una marmellata di terra prossima a liquefarsi. Sul centro di Poggio dei Pini sarebbe piombata una cascata spaventosa, con rischi facili da immaginare. Quindi c’è quasi da rallegrarsi: poteva andare molto peggio. D’altronde che quella diga fosse un punto ad alto rischio si sapeva. Eppure il Pai - piano di assetto idrogeologico - non l’aveva classificata: come se non esistesse. Ma c’era. Come c’era il ponte, quell’incredibile ponticello messo in piedi proprio sotto la struttura di contenimento dell’invaso. Nessuno in un appartamento piazzerebbe il letto proprio sotto il diffusore della doccia. A Poggio dei Pini sì, hanno creato un crocevia ai piedi di un bacino idrico in equilibrio instabile. Oltre al ponte una strada, quella che filava e ancora fila lungo il rio San Girolamo, una strada incollata all’argine del fiume e sotto la diga. Non doveva essere costruita là, strada e ponte dovevano essere altrove ma una variante al progetto firmata dal comune di Capoterra nel 1979 ha dato il via libera a quel refuso ingegneristico. Ed è lì - e non può essere un caso - che l’auto del dirigente dell’Asl 8 Antonello Porcu con la suocera Licia Zucca è stata travolta dall’acqua e trascinata nel letto del fiume. Perchè la diga, che è una diga e null’altro, doveva essere almeno protetta con un sistema idraulico di sicurezza. Ma non c’era e nessuno - neppure l’attuale amministrazione comunale - ha pensato di realizzarlo. Neppure dopo le alluvioni del 1999 e del 2004. Come la strada lungo il San Girolamo: danneggiata cinque anni fa è stata rifatta ancora più larga, da due a ventiquattro metri. Con la firma e i timbri, progetto di un tecnico incaricato dal comune di Capoterra che ha pagato con una denuncia. Non è finita: la cooperativa Poggio dei Pini ha realizzato il centro sportivo, campo di calcio, tennis e club house proprio nell’ansa del fiume, quasi sull’alveo. Non è un caso che proprio là, fra detriti e fanghiglia, i vigili del fuoco abbiano trovato il corpo di Porcu, trascinato dalle acque del rio che vanno in parallelo con la strada. Perchè la natura segue i suoi percorsi, senza curarsi delle deviazioni ignoranti imposte dall’uomo.

Poi i ponti, costruiti e ricostruiti con l’assenso del Genio Civile: quello di Poggio dei Pini, danneggiato dall’alluvione del 1999, è stato rifatto nello stesso punto. Forti dubbi anche su quello che è costato la vita all’insegnante di Iglesias Annarita Lepori, sulla strada di Pula. Secondo la Forestale le dimensioni non corrispondono agli standard di sicurezza, riferiti al rischio di alluvioni come quelle degli ultimi anni. Infine le case, realizzate in un’area ad alto rischio idrogeologico. Costruite con tutte le autorizzazioni e vendute a prezzi di saldo: i villaggi di San Girolamo e di Frutti d’Oro hanno arricchito generazioni di impresari e progettisti per poi impoverire di colpo centinaia di famiglie. Qui le responsabilità penali saranno più difficili da accertare. Ma la Procura andrà avanti, grazie al lavoro fondamentale condotto dal Corpo Forestale.

Concluso il lavoro di raccolta e di verifica, i pubblici ministeri disporranno le consulenze tecniche. Mentre la Forestale sarà impegnata agli approfondimenti necessari per individuare nomi e cognomi dei responsabili. Non sarà un lavoro breve, ma l’impressione è che il disastro del 22 ottobre non resterà senza colpevoli.
In Primo Piano
Trasporti

Numeri in crescita nel 2023 per gli aeroporti di Olbia e Cagliari, in calo Alghero

Le nostre iniziative