La Nuova Sardegna

Cagliari

Messa in campidanese o logudorese: ora si può

Mario Girau
Messa in campidanese o logudorese: ora si può

A Cagliari, da sabato prossimo nella chiesa del Sepolcro, ogni settimana la liturgia sarà svolta in limba. Ma la preghiera eucaristica rimarrà in latino o italiano. Voi che ne pensate: esagerazione o giusto recupero delle tradizioni? Dite la vostra

12 dicembre 2007
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CAGLIARI. Alla fine l'uso della lingua sarda nella messa sarà consentito. A una condizione: che la parte centrale della celebrazione, cioè la preghiera eucaristica, sia letta in lingua italiana o latina, nel messale conciliare. Da sabato prossimo, tutte le settimane, nella chiesa del “Sepolcro”, riti d'introduzione, letture bibliche, omelia e preghiere finali saranno rigorosamente in sardo, campidanese o logudorese.

Così ha deciso il parroco di Sant'Eulalia, don Mario Cugusi, che ha accolto una richiesta della fondazione culturale “Sardinia”, un'associazione impegnata sul fronte della difesa e diffusione della cultura e dell'identità sarde.

«La nostra richiesta vuole indicare - ha detto ieri Salvatore Cubeddu, direttore della fondazione- un mettersi in cammino verso l'esperienza di una nuova pratica di fede attraverso l'uso della lingua sarda in un rapporto positivo con la messa in italiano secondo una concezione aggiuntiva e non sottrattiva delle lingue». Non è la prima volta che lingua sarda e celebrazione eucaristica si incontrano con il timbro liturgico doc del latino. Il 28 aprile scorso, per “Sa die de sa Sardegna”, all'arcivescovo di Cagliari, monsignor Giuseppe Mani, era stato chiesto di autorizzare, in via del tutto eccezionale, l'intera messa in limba. Niente da fare. Per non far mancare un segno religioso all'evento, don Mario Cugusi aveva allora sapientemente mixato sardo e latino. Tutto ok.

I vescovi sardi non sono pregiudizialmente contrari a celebrare la messa in sardo. Ma, in materia, non hanno autonomia di decisione, riservata, invece, al Vaticano, sempre prudente in queste innovazioni. La Santa Sede è unicamente preoccupata che la versione sarda rispetti il significato teologico-dogmatico della parte centrale della messa, il canone. Una garanzia che può venire solamente dall'episcopato sardo, quando avrà preso visione della traduzione, fatta da un gruppo di lavoro di teologi, biblisti e linguisti, di importanti passi della messa. Da qualche mese il pool di esperti non si riunisce. Probabilmente attende dai presuli isolani il segnale esplicito della loro volontà di considerare il problema linguistico «come indispensabile tramite - per usare le parole di Raimondo Turtas, storico della chiesa sarda - di inculturazione e di comunicazione della pastorale vescovile».

Quindi chiedere il “placet” vaticano. Non mancano i precedenti. Da diversi anni in Friuli il sacrificio eucaristico è celebrato ufficialmente anche nella parlata locale. Sarebbe una marcia pastorale in più per la Chiesa sarda. E', infatti, opinione diffusa che nelle piccole comunità dell'interno, e non solo, la limba darebbe sostanziose iniezioni alla fede e alla pietà popolare, probabilmente riavvicinerebbe molti fedeli ai sacramenti. Preti e vescovi non predicherebbero nel deserto.

Una ricerca socio-linguistica, commissionata dall'assessorato regionale per la Pubblica Istruzione e condotta dalle Università di Cagliari e Sassari, smentisce il luogo comune di una lingua sarda ormai desueta. I risultati dicono che il 68,4% dei sardi conosce e parla una qualche varietà locale, il 29% afferma di non essere in grado di parlare in limba, ma di capire almeno una varietà. Solo il 2,7% non parla e non capisce alcuna varietà locale. Ben il 61% dei giovani tra 15 e 24 anni “fueddara in sa limba connotta”.

«Una cosa è certa - chiarisce don Mario Cugusi - non vogliamo fare archeologia liturgica, semmai innovazione, nel solco, ovviamente, delle regole della Chiesa». «La preghiera in lingua sarda - scrivono i sociologi Bachisio Bandinu e Salvatore Cubeddu a don Cugusi richiedendogli la possibilità di vivere l'esperienza della messa attraverso i linguaggi nativi - è parola del tempo, appartiene all'esperienza storica della chiesa locale e all'immaginario collettivo del popolo credente. Storia vissuta per generazioni, voce della memoria che fonda la socialità religiosa e che tocca il profondo del vissuto di fede.

L'unico caso di una messa celebrata totalmente in sardo risale a qualche anno fa, ad opera del gesuita Raimondo Turtas, nella chiesa dell'Annunziata a Bitti, autorizzato eccezionalmente dal vescovo di Nuoro, monsignor Pietro Meloni.
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