La Nuova Sardegna

Alghero

Due simboli di Alghero all’asta giudiziaria

di Gianni Olandi
Due simboli di Alghero all’asta giudiziaria

Villa Mosca e l’hotel Capo Caccia attendono, abbandonati, un compratore

28 agosto 2016
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ALGHERO. Due tra i più apprezzati simboli della Riviera del Corallo, due vere e proprie cartoline turistiche della Costa Nord Occidentale della Sardegna, la Villa Mosca e l’hotel Capo Caccia, sono al centro di altrettante procedure giudiziarie che comprendono la vendita all’asta.

Nel primo caso il gioiello che si affaccia sul lungomare Dante , che vanta ormai un secolo di vita dalla realizzazione dell’ingegner Edgardo Mosca, sarà messo in vendita il prossimo 11 di novembre, data fissata dal Tribunale di Sasssari, per un importo di 3 milioni e 497mila euro.

La villa, di proprietà della Prato Verde srl di Alghero, amministratore l’imprenditore Fagioli, finisce all’asta per un contenzioso bancario. Più complessa la situazione dell’hotel Capo Caccia, una delle perle del turismo algherese per decine di anni, 60/70 mila presenze con una occupazione di 120/130 persone per 7/8 mesi, senza considerare il consistente indotto, che per il fallimento della società dell’imprenditore Gianni Marocchi finisce all’asta nel novembre 2015 per un importo base di 18 milioni e 500mila euro. Una delle tante aste di vendita andate deserte come l’ultima, del giugno scorso, quando l’importo era sceso a 8 milioni e 640mila euro. La situazione strutturale dell’imponente struttura che si affaccia davanti al promontorio simbolo del golfo di Porto Conte è drammatica. La vegetazione si è impadronita di buona parte dell’immobile, precarietà interessano terrazzamenti, viabilità interna, la rete idrico e fognaria, un disastro.

Da notizie non confermate in via ufficiale sembrerebbe che il grande albergo sia stato vittima di veri e propri saccheggi con l’asportazione di mobili, impianti, attrezzature, apparecchi tv, computer, tutto ciò che poteva avere un qualche valore di mercato. Ora dovrà essere fissata una nuova tornata di asta. È evidente che chi fosse interessato ad acquistare il complesso turistico, che per una sentenza della corte di Cassazione a sezioni riunite potrà svolgere esclusivamente attività di tipo ricettivo alberghiero, attende ulteriori ribassi, il 20 per cento in meno per ogni asta espletata.

Legittimo chiedersi per quale ragione quando l’intero impianto era ancora operativo, non sia stata trovata una soluzione per proseguirne la gestione, magari anche a costo zero, in attesa della conclusione del percorso giudiziario.La prosecuzione dell’attività avrebbe evitato la perdita della funzionalità e garantito le normali attività di manutenzione. Oltre a dare lavoro a oltre un centinaio di persone. Le due situazioni, per quanto di proprietà di privati, ma il bene ambientale è di tutti, danno una sensazione di decadenza del territorio.

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