La Nuova Sardegna

Alghero

«Calvia è colpevole», confermati 24 anni

di Nadia Cossu
«Calvia è colpevole», confermati 24 anni

La corte d’appello condanna l’imputato anche al pagamento di una provvisionale di 700mila euro per le parti civili

24 ottobre 2014
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ALGHERO. Ha abbassato la testa e ascoltato in silenzio il verdetto della corte d’appello, al suo fianco l’avvocato Danilo Mattana (che lo difende insieme a Nicola Satta) e alle spalle alcuni familiari. «Alessandro Calvia è colpevole», hanno detto i giudici, è stato lui a uccidere l’insegnante Orsola Serra e dovrà scontare 24 anni di carcere così come già era stato stabilito nel primo grado di giudizio.

La sentenza è stata pronunciata nella tarda mattina di ieri dai giudici della corte d’appello presieduta da Plinia Azzena che hanno accolto la richiesta del procuratore generale Stefano Fiori e anche l’appello incidentale della parte civile – rappresentata dall’avvocato Pietro Piras – condannando l’imputato al pagamento di una provvisionale di complessivi 700mila euro: 250mila per padre e madre della vittima e 100mila per ogni fratello. I giudici hanno anche disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero per valutare eventuali ipotesi di reato di falsa testimonianza a carico della madre dell’imputato, dell’ex fidanzata e del figlio di quest’ultima in relazione all’alibi fornito a Calvia per la sera dell’omicidio.

Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza ma è chiaro che la corte ha valutato come prove inconfutabili di colpevolezza diversi elementi. A partire da quello chiave: il dna trovato nel cordino con cui il 23 ottobre del 2011 venne strangolata e uccisa Orsola Serra. Dna che, così come era stato dimostrato nel processo di primo grado, apparteneva ad Alessandro Calvia. Il pg nella sua requisitoria aveva sostenuto con forza che le tracce in quel punto esatto della corda dimostravano che la stessa venne utilizzata in un certo modo da chi uccise la vittima, una dinamica che non ammetteva quindi dubbi sul fatto che l’imputato fosse colpevole. Ma intorno a questa prova ruotava anche un’altra serie di elementi messi in luce dall’avvocato di parte civile Pietro Piras durante la sua discussione. A partire dalle contraddizioni intorno all’alibi. Di parere opposto gli avvocati della difesa, Nicola Satta e Danilo Mattana, secondo i quali invece i dubbi emersi sull’orario della morte di Orsola avrebbero dovuto far vacillare le certezze dell’accusa.

L’insegnante cinquantenne di Alghero fu trovata dal padre senza vita nel suo appartamento, distesa sul letto con una corda intorno al collo. In un primo momento si era pensato a un suicidio ma poi durante l’attività investigativa erano emersi dettagli che avevano indirizzato gli inquirenti verso l’ipotesi di un delitto. In seguito l’attenzione delle forze dell’ordine si era soffermata su quell’uomo di 44 anni con il quale la vittima aveva una relazione. Gli accertamenti del Ris erano stati determinanti per definire il quadro accusatorio: «Sul cordino che ha ucciso Orsola Serra c’è il dna di Calvia». Ma lui ha continuato a proclamarsi innocente, a gran voce. Durante le udienze di questi due processi ha portato con sè i suoi appunti, dentro una cartella rossa. Fogli nei quali ha annotato la sua verità. Voleva rendere delle dichiarazioni spontanee in aula il giorno in cui il pg ha chiesto la conferma della condanna. Ma evidentemente i giudici della corte d’appello hanno ritenuto decisive le prove a suo carico, nonostante Nicola Satta e Danilo Mattana avessero insistito sui numerosi «lati oscuri» che a loro dire il processo di primo grado non aveva chiarito. Come ad esempio la corda-arma del delitto, andata distrutta dopo che i carabinieri del Ris estrapolarono il Dna. Ma anche l’assenza di un valido movente che potesse aver spinto Alessandro Calvia a uccidere la donna con la quale aveva avuto un rapporto sentimentale. «Mio fratello è innocente – è stato lo sfogo della sorella dell’imputato al termine dell’udienza – La verità dovrà venir fuori in Cassazione».

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