La Nuova Sardegna

Alghero

Orsola, il Pg chiede 24 anni per Calvia

di Nadia Cossu
 Orsola, il Pg chiede 24 anni per Calvia

Il procuratore generale Stefano Fiori: prova schiacciante il dna dell’imputato nel cordino con cui fu strangolata la vittima

27 settembre 2014
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ALGHERO. Il procuratore generale Stefano Fiori non ha alcun dubbio: il dna trovato nel cordino con cui a ottobre del 2011 venne strangolata e uccisa l’insegnante di Alghero Orsola Serra è una prova che inchioda inconfutabilmente l’imputato Alessandro Calvia. Perché a lui – come è già stato stabilito durante il processo di primo grado – appartiene quel dna. E per questo, ieri mattina, davanti ai giudici della corte d’appello di Sassari, Fiori ha chiesto la conferma della condanna di primo grado a 24 anni.

Secondo il pg, in sostanza, le tracce di dna in quel punto esatto della corda dimostrerebbero che la stessa venne utilizzata in un certo modo da chi uccise la vittima, una dinamica che non ammetterebbe dubbi sulla colpevolezza dell’imputato. Di parere opposto gli avvocati della difesa, Nicola Satta e Danilo Mattana, secondo i quali invece sarebbero diversi gli elementi che farebbero vacillare le certezze dell’accusa. A partire dall’orario della morte di Orsola Serra: tra le 19.30 e le 20 secondo i carabinieri, poco prima delle 22 – o addirittura forse anche dopo – secondo il perito. «E se così fosse – sostiene la difesa – l’imputato avrebbe un alibi per quell’ora». Ma le perizie, a quanto pare, non hanno soddisfatto il pg Fiori che ha incentrato la sua discussione su quella che lui ritiene essere la prova regina: il dna.

L’insegnante cinquantenne di Alghero fu trovata senza vita nel suo appartamento, distesa sul letto con una corda intorno al collo. In un primo momento si era pensato a un suicidio ma poi durante l’attività investigativa erano emersi dettagli che avevano indirizzato gli inquirenti verso l’ipotesi di un delitto. In seguito l’attenzione delle forze dell’ordine si era soffermata su quell’uomo di 44 anni con il quale la vittima aveva una relazione. Gli accertamenti del Ris erano stati determinanti per definire il quadro accusatorio: «Sul cordino che ha ucciso Orsola Serra c’è il dna di Calvia». Ma lui ha continuato a proclamarsi innocente, a gran voce. Anche ieri aveva con sè una cartella rossa con fogli nei quali ha annotato la sua verità. Voleva rendere delle dichiarazioni spontanee in aula. Forse lo farà nella prossima udienza del 3 ottobre quando saranno i suoi avvocati a discutere. Nicola Satta e Danilo Mattana insisteranno su quelle che considerano incongruenze palesi, lati oscuri che il processo di primo grado non avrebbe chiarito. Innanzitutto la corda-arma del delitto, andata distrutta dopo che i carabinieri del Ris estrapolarono il Dna. In secondo luogo l’impossibilità di risalire all’ora esatta della morte e l’assenza di un valido movente. E infine la pista economica poco battuta: i familiari denunciarono la scomparsa dall’abitazione di 90mila euro.

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